Vincenzo Grossi: un uomo che studiava
«San Vincenzo Grossi è un uomo che studiava, un prete che studiava, un parroco che studiava», ha esordito il prof. don Cesare Pagazzi iniziando la prima delle due lezioni tenute recentemente in occasione della presentazione del libro «Ho annunciato il tuo nome ai miei fratelli. 12 conferenze di san Vincenzo Grossi che toccano il cuore», curato da suor Marilena Borsotti.
Questa pubblicazione che raccoglie e presenta alcune delle numerose conferenze del Grossi, scelte e tratte dalla mole dei suoi scritti, è un aiuto per superare l’antagonismo agiografico tra la figura del prete dedito ai poveri e il prete colto, tra il prete umile e il prete istruito.
Mons. Bonomelli, che era un vescovo colto, aveva compreso molto presto che don Vincenzo non faceva parte di quei «preti senza istruzione, o istruiti così così, o di studi leggeri, o deficienti in quanto a istruzione» di cui scriveva nelle sue note e che gli succedeva di incontrare purtroppo frequentemente e con dispiacere nelle parrocchie rurali. In margine alla visita pastorale a Regona il 23 gennaio del 1876 aveva scritto di lui, che era un «giovane istruito!» insieme ad altre qualità pastorali come l’avere in parrocchia «ragazzi ben istruiti e grande concorso alla parola di Dio». Verso la fine del 1882 Indirizzandogli una lettera, con la quale intendeva nominarlo parroco a Vicobellignano, «parrocchia che domanda preti e parroci con tanti requisiti» non ultimo quello di essere «istruiti», Bonomelli conferma questo suo apprezzamento su don Vincenzo e, anche se inusuale in lui poco incline ai complimenti e agli elogi, aggiunge: «Queste doti io ravviso in voi e son certo di non ingannarmi».
Don Vincenzo non considerava tempo perso quello che dedicava alla lettura, alla ricerca, allo studio. Come in tutte le canoniche che rispondono a questo nome anche nella sua c’era uno studio il cui arredo, ereditato dal fratello don Giuseppe, oggi custodito nei luoghi dei ricordi a Lodi, Casa madre. Lo studio non era uno spazio per gli ozi pomeridiani o serali, ma il luogo dove «sedeva e calcolava», come – sottolineava sempre don Pagazzi,- avevano fatto i due personaggi delle parabole evangeliche, quello impegnato a costruire una torre, e il re che doveva uscire in guerra contro un nemico.
Sedersi e calcolare sono le azioni che deve compiere ogni buona guida, ogni comunità, la persona… ha suggerito quindi il relatore.
Don Pagazzi, prima di approfondire due delle conferenze proposte nel libro presentato, ha condiviso le impressioni e l’ammirazione che hanno suscitato in lui la lettura dei testi. Don Vincenzo coltivava la sua cultura: trovava i tempi per fermarsi a lungo, e lo dimostrano la corposità di alcune conferenze e l’annotazione dell’ora; studiava e si informava, come emerge dalle numerose e autorevoli fonti che cita, ragionava e argomentava dando ai suoi scritti una struttura quasi da lezione magistrale, anziché accontentarsi solo di spunti dai quali poi a braccio passare alla improvvisazione e alla divagazione.
La lettura delle conferenze raccolte e presentate nel libro su citato può essere fatta in modo sapienziale ma anche culturale. In queste, come nella maggior parte di altri suoi scritti, vedi le Conferenze alle religiose o altre diffuse solo per uso interno all’Istituto, prima di cercarvi suggerimenti morali ed esortazioni spirituali o indicazioni ascetiche, si può esplorarne l’aspetto intellettuale che svela la vita e la persona di don Vincenzo, perché i suoi scritti non sono stati uno sfoggio vanitoso ma uno stile per avvicinarsi alla Verità. Potremmo avere la sorpresa di incontrarvi, insieme alla dottrina solida, autentiche pagine di poesia, spaccati della sua anima e analisi sapienziali dei suoi tempi ecclesiali e sociali.
Oggi c’è chi aiuta l’uomo in ricerca a scoprire che Dio «respira di nascosto nella letteratura» ed è un cammino sorprendentemente propedeutico alla fede; don Vincenzo ha cercato Dio che respira nella natura, nelle sue cicliche trasformazioni e nella vita delle persone solo apparentemente sotto il dominio del destino, per portare i suoi uditori gradualmente e per analogia alle verità della fede.