Il tempo che scorre: sabbia o semente?
È consuetudine ormai consolidata al 31 dicembre mettere un punto molto virtuale allo scorrere del tempo, per poi riprendere, immediatamente dopo, ad occuparci delle medesime attività interrotte un nanosecondo prima. È una pratica piuttosto bizzarra ed anche molto finta.
L’ultimo dell’anno, però, possiede in realtà un suo valore intrinseco. Questa forma quasi magica di salutare il tempo trascorso, è l’occasione per riflettere, perché un anno che termina è parte, comunque, della nostra vita.
Guardo, allora, la mia vita trascorsa in questo anno con lo sguardo di Dio.
Dio cerca in me non la zizzania, ma la spiga di buon grano; non l’amministratore disonesto, ma il generoso, sepolto sotto la vergogna per i propri debiti; non l’esattore ingiusto, ma l’assetato di misericordia; non il servo ligio e fedele, ma l’uomo felice di aver servito; non le reti cariche di pesci, ma la fiducia nella Sua parola…
Dio, poi, non guarda solo me, ma attorno a me, i poveri aiutati, i debitori perdonati, gli amici custoditi, i sorrisi fatti spuntare sui volti, le emozioni suscitate per un gesto e una parola gentili e teneri.
Il tempo può diventare come sabbia che sfugge dalle mie mani oppure come semente. (Thomas Merton)
In questo anno ho seminato dietro di me più vita o sparso polvere?