La gioia di intrattenere relazioni personali con le suore
Don Vincenzo, pur avendo mantenuto ininterrottamente la cura della parrocchia, ha guidato l’Istituto dal suo avvio fino alla morte, non tanto dal punto di vista della istituzionalizzazione, che aveva affidato ben presto alle Suore, prima in modo informale ad Angelina Cippelletti e in seguito a Maria Caccialanza, e dal 1900 a Ledovina Scaglioni, eletta superiora generale e riconfermata nel 1913, secondo le norme del Codice di Diritto Canonico. Per sé si era riservato il titolo di Direttore. Per parecchi anni fu il confessore delle suore, ma dovette abbandonare questo accompagnamento in seguito ad una norma della Santa Sede, che vietava ai fondatori di ascoltare le confessioni dei propri sudditi. Don Vincenzo non interruppe, però, il dialogo personale e spirituale con le suore: lo testimonia lui stesso quando scrive della mole di lettere che riceve dalle comunità e a cui deve rispondere.
Il suo linguaggio nella corrispondenza, ora affabile, ora ruvido, rivela sempre il buon grado di conoscenza che ha delle suore. Non c’è lettera che non esprima quanto gli stiano a cuore, la stima e l’apprezzamento che nutre verso di loro, e quanto si prenda cura di loro.
Scrivendo a Ledovina Scaglioni e riferendosi a una lettera ricevuta da Maddalena Jacchetti, dice di aver provato piacere per il suo contenuto perché ha potuto ricredersi su di lei che, fino a quel momento, l’aveva ritenuta inadatta all’Istituto (11.03.1903 a Ledovina).
E a Taddea Tarozzi, seconda solo a Ledovina nella considerazione e nelle confidenze di don Vincenzo, scrive tutto il suo compiacimento per i profondi mutamenti che sono avvenuti nel suo animo. Taddea Tarozzi è già una donna adulta quando nel 1894 si unisce a Ledovina per andare a Lodi a iniziare gli studi per la «Scuola Normale». È intraprendente, fantasiosa, attiva, volitiva, e don Vincenzo la coinvolge nel governo, lasciandole anche spazio di azione e di interventi. «Ha un carattere strano», …scriverà di lei, «ma dopo tutto è una buona religiosa». È proprio la conferma del profondo mutamento del suo carattere particolare, spesso causa di conflitti, che gli fa piacere. Riconosce che è frutto della grazia di Dio ottenuta per le preghiere delle suore, ma non da considerare un evento miracoloso, perché il cammino da percorrere, senza perdere tempo in dietrologie sterili, è per lei quello che le si apre davanti e porta verso Dio, verso l’alto (1.02.1905 a Taddea).
E si rallegrerà ancora di più quando alla stessa Ledovina, confidente e amica di Taddea, confermerà le sue considerazioni su di lei scrivendo: «Godo delle buone notizie intorno alla Taddea. Sono persuaso che l’aria, la posizione, la compagnia di Genova, faranno tanto bene alla salute fisica e morale della Taddea» (26.04.1908).
Anche le informazioni riguardo Rina Barbieri sono per lui «buone notizie che gli aprono il cuore alla speranza che possa essere un membro utile all’Istituto» (1.02.1905); così pure legge con immenso piacere le informazioni riguardanti la comunità di Bagnolo, i cui progetti approva pienamente, ma per la cui attuazione invita alla prudenza (12.09.1907).
Don Vincenzo sa compiacersi per l’attuazione e il compimento di eventi ordinari, come l’inizio dell’anno scolastico, per chi va a scuola e per chi dà scuola (2 novembre 1909), per il trasferimento di una suora alla quale suggerisce di considerarlo come una buona occasione per dedicarsi alla formazione ed educazione delle bambine; gode perché Ledovina accoglie in Noviziato una giovane (30 aprile s.a), perché le suore hanno organizzato un ritiro a favore delle giovani operaie (8 luglio s.a.).
Non nasconde che avrebbe trascorso molto volentieri il giorno del suo onomastico insieme alle suore (luglio 1906), perché ama la loro compagnia ed è contento quando può passare insieme a loro del tempo gratuito. Così pure scrive in una lettera che, dedicarsi alla corrispondenza con le suore nel bel mezzo di una festa paesana, è un autentico sollievo dal frastuono delle giostre e dei baracconi (17 agosto s.a.).
Sono gioie semplici, ma molto sincere ed esprimono con naturalezza la grande considerazione che dà alle relazioni e alla loro qualità.
La sua corrispondenza con le suore ci fa il dono di un padre sensibile alla gioia, quella umana e quella spirituale, desideroso, addirittura, che gli facciano pervenire notizie per poter godere del bene che queste gli annunciano. In questa gioia che egli non tiene per sé, ma che condivide volentieri, ogni suora percepiva di essere oggetto e soggetto di benevolenza e di amore.