1° maggio
Il 1° maggio, fissata come giornata mondiale per fare memoria del massacro di lavoratori che chiedevano orari e condizioni di lavoro rispettosi dei diritti umani, introdotta in Italia nel 1890, a tutt’oggi ha conservato la sua valenza sociale e civile, anche se non è del tutto libera dal marketing, la macchina più potente di questi tempi.
La Chiesa dal 1955 ha voluto inserire in questo giorno la memoria di san Giuseppe, patrono degli artigiani e dei lavoratori, perché il lavoro coinvolge l’uomo e la donna nella loro interezza: relazione con le cose, con le persone e con il Trascendente.
Sicuramente don Vincenzo era aggiornato sui movimenti popolari che hanno portato papa Leone XIII alla famosissima enciclica Rerum Novarum ( 1891) su temi sociali in particolare il lavoro. Nella sua attenzione e sensibilità pastorale intendeva fare della sua comunità non un gregge di rassegnati, né di intolleranti, ma aiutarli a dare una dignità anche spirituale alla fatica che da sola li avrebbe abbruttiti nel fisico e nell’animo.
Come parroco,che ben conosce le possibilità dei suoi fedeli, offriva questi suggerimenti a tutti:
«Fare il nostro lavoro in vista di Gesù, cioè per Cristo, in Cristo e con Cristo (come dice il Messale), è una delle condizioni richieste per la santificazione delle nostre azioni ordinarie.
Fare il nostro lavoro per Cristo, è farlo in dipendenza da Lui, come Egli faceva ogni cosa in dipendenza dal suo Padre e per impulso del suo Spirito.
Fare il nostro lavoro con Cristo, è praticare le stesse virtù che praticava Lui, vestirci delle stesse disposizioni, agire con le stesse intenzioni, e tutto proporzionatamente alla nostra possibilità.
Fare le nostre azioni in Cristo, è unire le nostre intenzioni alle sue ed offrirle a Dio con le sue, perché vengano accettate le nostre a causa delle sue che accompagnano le nostre.
Questo è un buon metodo antico di santificare le nostre azioni ordinarie, metodo anche facile».