Sognare, è proprio così strano?

Che uomo insolito questo Giuseppe di Nazareth!

Quando gli succedeva di essere preoccupato e molto, non passava la notte in bianco, anzi riusciva a prendere sonno e a dormire tanto profondamente da sognare. E quando si svegliava non solo era riposato, ma soprattutto ricordava che nel sogno aveva ricevuto delle indicazioni importanti per affrontare la sua preoccupazione nel modo migliore. Il Vangelo parla di angeli presenti nei suoi sogni, la psicoanalisi direbbe desideri inconsci, sta di fatto che Giuseppe teneva in grande considerazione quello che aveva sognato, anzi vi obbediva come aveva imparato fin da piccolo ad obbedire a Dio.

Volesse il cielo che tutti noi avessimo la stessa capacità di sognare perché «quando sogniamo le cose grandi, le cose belle, ci avviciniamo al sogno di Dio, le cose che Dio sogna su di noi. Che ai giovani dia – perché san Giuseppe era giovane – la capacità di sognare, di rischiare e prendere i compiti difficili che hanno visto nei sogni» (papa Francesco nell’omelia in santa Marta del 20 marzo 2017).

Amen!

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  1. Sognare sull’esempio di S. Giuseppe non significa vivere in una bolla di sapone, sganciati dalla realtà. Il sogno è un desiderio, un’ispirazione che nasce da una situazione concreta di necessità. Il nostro Fondatore ha sognato qualcosa di bello e necessario per le ragazze del suo tempo e si è messo all’opera. La “forte impressione” che ha provato non lo ha portato a pensare che fosse solo una sua idea molto personale, e che quindi non meritava di essere comunicata e condivisa con altre persone. E’ stato lungimirante, non si è fermato. Oggi, 2019 – terzo millennio, noi Figlie dell’Oratorio abbiamo smesso di sognare, di pensare in grande. Forse non ce ne accorgiamo, ma non stiamo respirando ossigeno sufficiente che possiamo trovare uscendo dai nostri schemi che procedono per inerzia. Ma quando ci decideremo “ad avviare processi”…?