Radici e vino schietto

Con il presente post riprendiamo la rilettura dell’esortazione apostolica Gaudete et Exsultate. In essa papa Francesco suggerisce alcune caratteristiche della santità nel mondo attuale da incarnare e vivere per far fronte ai limiti e ai rischi della cultura odierna rappresentati da: 1. «L’ansietà nervosa e violenta che ci disperde e debilita»; 2. «La negatività e la tristezza»; 3. «L’accidia comoda, consumista ed egoista»; 4. «L’individualismo, e tante forme di falsa spiritualità» (G.E. 111).

Ci soffermiamo in questo post sulla prima delle caratteristiche proposte per vivere la santità.  Il Papa la indica al n. 112: «Rimanere centrati, saldi in Dio che ama e sostiene».

Viene in mente l’immagine dell’albero, naturale richiamo alla fermezza, alla stabilità e alla robustezza. L’albero «sta», non vaga di qua e di là, non gira a vuoto. È radicato, ha radici che lo rendono inamovibile. L’esatto contrario dell’ansietà e dell’affanno che destabilizzano e fanno disperdere energie senza farci arrivare a nessun risultato, se non quello di sentirci frantumati e sparpagliati.

Oggi più di ieri siamo trascinati da un vortice di impegni, incontri, appuntamenti che sembrano non dare tregua, sballottati da un ritmo di vita sempre più fast, sempre di corsa per riuscire a far fronte a tutto, sempre connessi per essere presenti ovunque, col rischio di non essere da nessuna parte. Proprio per questo è necessario, per un credente, mettere radici ben salde in ciò che davvero conta, per unificarsi e non trovarsi stritolato dagli ingranaggi di una società frenetica.

Non è difficile riconoscere che quanto più le radici di un albero affondano in profondità nel terreno tanto più in alto potranno elevarsi le sue fronde, in sicurezza .

«A partire da questa fermezza interiore – prosegue il papa al n. 112 – è possibile sopportare, sostenere le contrarietà, le vicissitudini della vita, e anche le aggressioni degli altri, le loro infedeltà e i loro difetti: “Se Dio è con noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8,31)». Nel n. 121, si sottolinea come questa «pacificazione, operata dalla grazia, ci permette di mantenere una sicurezza interiore e resistere, perseverare nel bene “anche se vado per una valle oscura” (Sal 23,4) o anche “se contro di me si accampa un esercito” (Sal 27,3). Saldi nel Signore, la Roccia, possiamo cantare: “In pace mi corico e subito mi addormento, perché tu solo, Signore, fiducioso mi fai riposare” (Sal 4,9)».

Occorre dunque mettere radici in Lui, unico centro unificatore delle nostre esistenze smembrate e frastagliate. Come diceva San Vincenzo: «Amate Gesù Cristo. Amatelo sinceramente, ardentemente, costantemente». Non è un atteggiamento spontaneo e automatico. È una opzione da rinnovare tenacemente, vigilando su ciò che stiamo davvero cercando.  «È il frutto di un cuore pacificato da Cristo, libero da quell’aggressività che scaturisce da un io troppo grande» (G.E. 121). E perché questo nostro ego non prenda il sopravvento e il nostro albero senza radici non resti solo un pezzo di legno, san Vincenzo Grossi ci dà un suggerimento: «Dovete incominciare subito al mattino con una fervorosa offerta e con ferma volontà di far ogni cosa per Dio solo tutto il giorno; poi rinnovatela spesso, spesso… altrimenti al mattino è vino schietto, a mezzogiorno è vino misto e alla sera è soltanto acqua».

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