Una iniziativa missionaria che ha fatto storia
È giunto alcuni giorni fa alla redazione del blog uno scritto da parte di una figlia dell’Oratorio, col quale condivide la «memoria» di una iniziativa che «ha fatto storia» nelle prime comunità missionarie.
Volendo oggi, 31 gennaio, ricordare il 53mo anniversario della partenza delle prime Figlie dell’Oratorio per la missione in Argentina, ci piace pubblicarla, certe che raccontare il passato non è sterile «ricordo», ma «confessione» di un vissuto caratterizzato da autentica passione per il Regno che ancora oggi ci invita ad andare, perché la via è aperta davvero.
Mi ha sempre affascinato il racconto delle suore di quando andavano a «missionare»! Trasmettevano non solo uno spirito di libertà, che aveva comunque un suo fascino per noi che in Italia svolgevamo un apostolato molto strutturato, ma comunicavano l’esperienza concreta di un ritorno alle radici dell’invio missionario: «Andate…».
Chiusi i battenti del «Colegio», il gruppo delle ardite partiva. Ore e ore sui bus o sui treni, verso il nord o «l’interior» del Paese. La polvere che entrava dai finestrini senza vetri conferiva al viaggio un non so che di avventuroso. Raccontava suor Maria Storari che, per non respirarla tutta, si coprivano completamente il viso con il lungo velo di stoffa e quando arrivavano alla meta, l’abito aveva cambiato di colore.
Nel pueblo, da tempo scelto come meta, volutamente sperduto e povero, arrivando fino alle località più interne del campo che facevano parte della medesima giurisdizione, le suore trascorrevano due settimane di immersione completa nella vita delle persone. Semplicemente stavano accanto alla gente per condividere, senza la presunzione di risolvere i loro molteplici problemi, discepole più che maestre. E come i discepoli inviati da Gesù erano ospiti di alcune famiglie che si sentivano onorate di riservare «a las hermanitas» lo spazio migliore della loro casetta. Era chiaro a tutti che non portavano «né oro né argento» ma una presenza amica, fraterna «nel nome di Gesù»: in particolare preparavano ai sacramenti, organizzavano giochi e attività per i bambini e le ragazze, visitavano i malati e gli anziani.
Erano giorni di presenza contagiosa, complice la chitarra e un buon «mate», ma soprattutto lo spirito di adattamento e di giovialità, di cui erano imbevute le missionarie, e il riferimento costante a Gesù, anche senza ribadirlo continuamente.
Partendo, le suore, insieme alla fatica e al ricordo affettuoso di tante persone, hanno sempre portato con sé il desiderio sincero di qualche giovane a voler condividere la stessa vita e la stessa missione.