Credere, cercare, accogliere, stare: ciò che i giovani ci chiedono
Sinodo dei giovani, sinodo sui giovani, sinodo per i giovani, i giovani e….
Qualsiasi preposizione preceda il sostantivo, la parola giovani risuona nel mio cuore di Figlia dell’Oratorio come una realtà cui dedicarmi senza preliminari, senza se e senza ma.
Nella concretezza non è però così scontato perché la strada da percorrere non è sempre chiara, lineare; a volte si presenta irta di ostacoli, spesso in discesa e il rischio, sul campo, è quello di cedere alla tentazione di omologarsi con i target che si applicano all’universo giovani. E allora guardi, senti e anche tu affermi: «È proprio vero che sono fragili, contraddittori, senza ideali, indifferenti, superficiali…» fino a scoprire, stando con loro, che superficiale sei tu nel giudicare limitatamente a ciò che appare, secondo i tuoi parametri non sempre così obiettivi e, oserei dire, poco caritatevoli.
E appena trovi il coraggio di osservare anziché guardare, di ascoltare anziché sentire scopri in loro e attorno a loro un mondo diverso.
Le esperienze vissute coi giovani mi portano a ratificare quest’ultima opportunità, quale strada percorribile ed efficace perché, entrare in relazione, fermarmi con loro, sforzandomi di andare oltre la scorza mi hanno permesso di scoprire un variegato panorama fatto sì di povertà, ma anche di tante ricchezze e potenzialità.
Proprio la condivisione di due eventi celebrati quest’anno, il Sinodo diocesano dei giovani di Cremona, di cui anch’io ero membro insieme a più di 100 giovani e il cammino «Per mille strade verso Francesco” della scorsa estate mi hanno ulteriormente confermato di quante attese, ricerca di significati da attribuire alla propria esistenza, sogni, desideri insieme a sensibilità, disponibilità, capacità, generosità hanno in serbo i giovani.
Durante il Sinodo diocesano sia nei tavoli di lavoro sia nelle plenarie i giovani hanno messo a nudo le loro ferite, esternato con la più schietta libertà la loro rabbia, le loro fatiche, le loro attese chiedendo aiuti concreti, e denunciando anche la nostra latitanza come adulti ed educatori.
In una proposizione sinodale così si esprimono: «Avvertiamo il bisogno di confrontarci con adulti maturi e significativi, capaci di trasmettere il fascino della fecondità e del dono di sé. Sentiamo urgente che la Chiesa continui a cercare e formare adulti autentici e saggi, in grado di spendere il proprio tempo nella relazione educativa con i più giovani».
Il pellegrinaggio verso Roma mi ha rivelato l’urgenza di essere riferimento per i giovani, compagna di strada, non per scendere ai loro livelli, bensì per essere «argine» al loro disorientamento, canale che permetta di indirizzarli verso un incontro significativo e determinante per la loro vita: Cristo.
Lungo il cammino per Roma mi sono imbattuta con giovani che si alternavano ad ogni tappa e per alcuni mi chiedevo che cosa erano venuti a fare, poi ascoltando le loro domande, i loro racconti, ho colto le loro ferite, percepito i loro disagi anche i più estremi, e rimanevo muta, perchè ogni mia parola poteva rivelarsi banale o retorica. Alla fine erano loro che avvertivano il mio disagio, ma anche la mia empatia, e mi abbracciavano calorosamente dicendo semplicemente: GRAZIE che mi hai ascoltato. Scattava sempre una commozione reciproca e la relazione aveva da lì il suo inizio: ci sei e loro sanno che possono contare su di te, il rapporto di fiducia che hanno percepito li fa ripartire con una maggiore carica, li vedi più sereni. Alla sera rivedendo la giornata non potevo riflettere sul fatto che hanno bisogno di tanto ascolto , e ripercorrendo i dialoghi intercorsi intuivo che le crepe, le ferite, le voragini che sembrerebbero dichiarare il fallimento di una vita sono invece solchi che possono accogliere un seme capace di trasformarsi in vita nuova e rigogliosa. Non mi restava che affidarmi al Signore per chiedergli cosa fare, chi essere per loro e mi sembrava che la risposta fosse: CREDI in loro al di là di qualsiasi apparenza, STAI con loro con quel sottile dosaggio di complicità e distanza per costruire una relazione che comporti da una parte la conoscenza della loro vita e della cultura, e al contempo che sia capace di soddisfare i loro bisogni naturali di protagonismo, e di ridurre i rischi cui possono andare incontro durante il loro percorso di crescita, CERCALI quando sembrano spariti per OFFRIRE di nuovo accoglienza, accompagnamento, condivisione.
Sempre in una proposizione sinodale i giovani così si esprimono: «In un mondo che non facilita la voglia di impegnarsi per la collettività, smorzando gli entusiasmi, chiediamo sostegno, collaborazione e condivisione di esperienze e metodi. Le esperienze ecclesiali (oratorio, associazioni…) siano punto di partenza per aiutare sempre più i giovani…».
E questo CON CHI? Con tutti coloro che nutrono passione per la gioventù, sono interessati al loro bene e SICURAMENTE con ogni Figlia dell’Oratorio.
suor Claudia Colombo
Mi piace molto la parola ” ascolta ”, a volte sembra che non possiamo fare molto e che l’amore non è abbastanza per aiutare, che è necessario di più … ma … per me come una giovane donna mi sembra che, L’ascolto attento è un punto di partenza, ci fa sentire bene e quanta pace abbiamo quando siamo amati come siamo, ovviamente non è molto, non è abbastanza, è immenso. Grazie mille, Suor Claudia e benedizioni.