La santità non è un cliché.
Nel terzo anniversario della canonizzazione di don Vincenzo Grossi
Don Vincenzo, secondo le parole di Mons Francesco Marchesani, vescovo di Chiavari, fu un modesto sacerdote né più né meno di tanti suoi confratelli. Da dove dunque è nata la possibilità di aprire i processi per avviare la causa di canonizzazione? A suoi contemporanei, molti anche se non tutti, non sembrava infatti fosse morto «in odore di santità», come invece veniva richiesto!
Nel lungo iter che l’avrebbe portato sugli altari, furono sollevate alcune questioni che richiesero un esame dettagliato delle testimonianze da parte dei Consultori. Alcuni testimoni infatti, soprattutto sacerdoti, quindi con giusta cognizione, non avevano deposto a favore della causa che si stava avviando. Nulla contro l’integrità della vita sacerdotale di don Vincenzo ma neppure nessun segno che ne favorisse l’idoneità alla canonizzazione: dal nipote don Ubaldo, che considerava questa decisione un po’ frutto del fanatismo spirituale delle suore per il loro fondatore e alle quali disse apertamente di «non mettersi in testa di farlo santo», ad alcuni dei suoi coadiutori che rimarcarono racconti non proprio ammirevoli e che potevano avvallare l’ipotesi di una forzatura, fino ad un suo successore come parroco a Vicobellignano che «avrebbe preferito che la Causa venisse ritardata perché in paese non tutti lo ritengono un santo». Insomma, don Vincenzo era stato un buon prete, ma non da mettere sugli altari.
La questione non fu di facile soluzione, anche perché altre testimonianze confermavano l’eroicità delle virtù di don Vincenzo e la fama di santità. Fu, però, risolta positivamente.
Quale fu la chiave? Non spuntò il supertestimone in grado di sciogliere i dubbi, né apparve il documento inedito che evidenziasse la straordinarietà del prete. Semplicemente fu l’intuizione del censore che riconobbe i connotati della santità nella fedeltà creativa di don Vincenzo ad una realtà pastorale difficoltosa e respingente.
È il mistero della Incarnazione che si prolunga nella vita di un sacerdote. Gesù non fu, infatti, un personaggio eccezionale, visse per 30 anni come uno qualsiasi e anche quando incominciò ad annunciare il Regno e a manifestarne i segni, venne considerato uno da togliere di mezzo senza rimorsi e rimpianti.
La santità è la vita di Dio nelle persone e non è un cliché a cui rifarsi per catalogare chi è santo e chi non lo è.