La veste di don Vincenzo

«È un santo prete ma un po’ zoticone» disse di don Vincenzo il vescovo al sacerdote che era stato destinato come coadiutore a Vicobellignano. Conoscendo il carattere di Mons. Bonomelli non si può attribuire a queste parole un significato denigratorio, ma semplicemente una constatazione. Don Vincenzo, infatti, non aveva l’aria del «parigino», anche se vestiva pulito. La sua veste sdrucita per l’uso e le lavature aveva perso il colore originale, ma lui non se ne preoccupava, perché fino a quel momento, diceva, nessuno l’aveva scambiato per qualcos’altro a motivo della sua talare. Le suore volevano che dall’abito e dai paramenti si riconoscesse che era il Fondatore e se ne facevano un cruccio se non era così, ma don Vincenzo aveva sempre una parola per dissimulare e distrarre la loro attenzione da una questione che considerava marginale. Per lui la qualità della persona e l’efficacia della sua testimonianza non consistevano nell’eleganza dell’abbigliamento, ma nel cuore e nel richiamo a Dio che trasmetteva. Non fu una scelta casuale quella di non dare un abito religiose alle sue suore, perché dovevano essere vere religiose nel cuore e perché nella missione la divisa, a volte, poteva  diventare un ostacolo, mentre il tratto cordiale e di apertura erano un messaggio di accoglienza e lasciava trasparire la benevolenza di Dio senza dubbi di interpretazione.

Ad Adamo ed Eva, Dio in persona aveva cucito degli abiti di pelle, mentre loro a malapena avevano messo insieme qualche foglia per coprire la propria nudità. Dio pensò di rivestire la persona non in modo approssimativo o parziale, ma nel segno «delle cinture di pelle» che gli cucì addosso comunica la sua volontà a conferire loro una dignità che non dipendesse dalla preziosità del tessuto o dal modello dell’abito, ma dalla somiglianza con Lui, somiglianza che non avrebbe mai ritirato o cancellato.

Don Vincenzo invitava ripetutamente ad andare oltre la scorza ruvida delle persone per riconoscere in esse la presenza di Dio e onorarla. Scorza che poteva essere non solo un abbigliamento semplice o trascurato, ma anche un carattere spigoloso, una scorza che non nascondeva a se stesso e agli altri di avere anche lui.

Se don Vincenzo si considerava un «parigino» a confronto del suo Vescovo, come aveva risposto al coadiutore che gli aveva riferito la sottolineatura su di lui, non era per merito del proprio abito, ma semplicemente perché, come hanno dichiarato i numerosi testimoni, ha mantenuto intatta la veste del battesimo, quella che Dio in persona aveva intessuto per lui.

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