Un branco di rassegnati per l’arbitrio dei padroni?

«Nel corso dell’ultimo anno il numero dei miliardari è aumentato come mai prima: uno in più ogni due giorni. La ricchezza dei miliardari si è accresciuta di 762 miliardi di dollari nell’arco di 12 mesi […]. Di tutta la ricchezza creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% della popolazione, mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento» (Dal Rapporto Oxfam 2018).

Queste cifre, che fanno girare la testa e sentire impotenti, mostrano le gravi diseguaglianze e ingiustizie presenti nel mondo.

L’Evangelii Gaudium al n. 183, ci ricorda che

«sebbene il giusto ordine della società e dello Stato sia il compito principale della politica, la Chiesa non può né deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia. Tutti i cristiani sono chiamati a preoccuparsi della costruzione di un mondo migliore».

E ancora, al n. 216:

«Piccoli, ma forti nell’amore di Dio, tutti i cristiani siamo chiamati a prenderci cura della fragilità del popolo e del mondo in cui viviamo”.

Sicuramente non saremo né io né tu a risolvere il problema della povertà a livello mondiale, ma questo non ci autorizza a far finta di nulla.

San Vincenzo è vissuto in un’epoca in cui non c’era il «Rapporto Oxfam» e dove il mondo terminava ai confini della propria nazione, forse a quelli della propria regione. Ma ha conosciuto da vicino i poveri e ha condiviso la loro povertà; la sua dispensa era sempre vuota, il pane e lo zucchero si esaurivano rapidamente a favore dei ragazzi che frequentavano la sua casa.

Piccoli gesti, piccole gocce in un oceano, non certo risolutive, ma che dicono un anelito e che hanno dato sapore alla sua esistenza e a quella di chi lo ha incontrato. Non solo: il nostro fondatore si è dedicato senza risparmio alla gioventù, soprattutto attraverso la catechesi. Ci si può chiedere che c’entra questo con la lotta contro la povertà e l’impegno per la costruzione di un mondo più giusto ed equo. Nella biografia di mons. Bellò troviamo questa espressione:

«Il dare a queste creature il dono di una catechesi sicura e intensa del messaggio cristiano poteva essere inteso in un duplice modo,  quello sociologico, artefatto e non corrispondente alla verità di costruire un branco di rassegnati per l’arbitrio dei padroni; o l’altro, assai più reale e spontaneo, di far emergere da questa umiliata condizione sociale la coscienza di una dignità propria dei figli di Dio».

Lo scopo del lavoro educativo di san Vincenzo era dunque far emergere in ogni giovane la coscienza della sua dignità, perché figlio di Dio, non per crogiolarsi in questa certezza, quanto perché questa consapevolezza fosse la spinta per mettersi in moto contro le ingiustizie, per non chinare il capo passivamente davanti all’arbitrio dei padroni e per condividere quanto vissuto da Gesù, che, come dice l’Evangelii Gaudium al n. 209,

«è l’evangelizzatore per eccellenza, il Vangelo in persona e si identifica specialmente con i più piccoli (cfr Mt 25,40). Questo ci ricorda che tutti noi cristiani siamo chiamati a prenderci cura dei più fragili della Terra».

Scoprire di essere «figli nel Figlio» permette di vedere nell’altro un fratello e non un nemico, uno per cui darsi da fare. E questo anche a livello economico, nell’uso dei beni e del denaro, nelle piccole come nelle grandi scelte, come quella dello zucchero della dispensa di San Vincenzo, ma anche come fare i nostri acquisti – pensiamo al commercio equo e solidale – come investire i nostri soldi (perché adeguarsi ad «affidarli» alle banche immischiate con la vendita di armi e non invece a »Banca etica»?), come difendere l’ambiente.

Le nostre decisioni in economia possono e devono avere effetto sulle persone e sulle strutture, a partire anzitutto da noi stessi per giungere ad operare e produrre il loro effetto sull’ambiente e sulla realtà che ci circonda.

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