La Chiesa tinta di «rosa»… che auspica papa Francesco
L’8 marzo, giornata sempre meno femminista e sempre più femminile, ogni anno puntualmente diventa l’occasione in cui la donna viene riportata al centro! Quest’anno i media stanno dando rilievo, secondo il loro stile sensazionalistico, alla questione delle suore colf o quasi. Un altro tema ripreso ed enfatizzato in questi giorni è quello del Manifesto per le donne nella Chiesa (qui) pubblicato da un gruppo di 30 donne «praticanti», iniziativa riportata l’1 marzo anche dall’Osservatore Romano (vedi).
Meno risonanza, ma non perché meno rilevante, è stata data alla pubblicazione di un libro «Diez cosas que el papa Francisco propone a las mujeres» di María Teresa Compte Grau, edito da Publicaciones Claretianas (Madrid, 2018), di cui il Santo Padre ha scritto il prologo, a conferma della sua volontà di promuovere in tanti modi la considerazione e il ruolo della donna nella Chiesa.
Papa Francesco non perde occasione per disapprovare il fatto che nelle società più avanzate e nella Chiesa stessa, il ruolo del servizio, a cui ogni cristiano è chiamato, scivola, nel caso delle donne, a volte, nei ruoli più di servitù che di vero servizio.
La mentalità maschilista ferisce la donna e la religiosa nella sua dignità di essere creata «a somiglianza di Dio, maschio e femmina», quando «quotidianamente le viene attribuito un ruolo subalterno nella Chiesa, che la fa sentire spesso inadeguata», riporta il manifesto sopracitato.
Adamo riconobbe in Eva «carne della sua carne, ossa delle sua ossa… un aiuto simile a lui»: oggi la donna spesso è privata di tale riconoscimento a causa dell’incapacità a essere vista e valorizzata nelle sue competenze e specificità.
«In alcune realtà ecclesiali la situazione è in movimento, continua il testo del Manifesto, ma ancora troppo frequentemente, le donne nella comunità esistono nella misura in cui risolvono i problemi dei protagonisti uomini. Che si tratti dell’oratorio parrocchiale, di movimenti ecclesiali o di curie diocesane, il modello femminile che viene proposto è sempre quello di “stampella” a sostegno delle figure maschili».
Le firmatarie non chiedono posti di potere o privilegi, ma di essere pienamente riconosciute come figlie di Dio e membri della comunità, semplicemente come lo sono gli uomini. Le donne nella Chiesa non sono dei sostituti d’azione, ma possono «inventare» forme nuove o modi nuovi che arricchiscono la Chiesa stessa.
Non si tratta dell’inizio di una «lotta» di genere, ma, come auspica il Papa, di «una rinnovata ricerca antropologica che incorpori i nuovi progressi della scienza e delle attuali sensibilità culturali, per approfondire sempre più non solo l’identità femminile, ma anche l’identità maschile».