Ancora suore!

Il 2 febbraio, o in date pastoralmente appropriate, le cattedrali in tutto il mondo si riempiranno di religiose e religiosi, questi ultimi con una presenza macroscopicamente inferiore. Agli occhi dei passanti del centro città questo accorrere di religiose/i sarà un evento insolito e, con sguardi prolungati di sorpresa, si concederanno anche esclamazioni e domande del tipo: «Ma ci sono ancora?»…, «Non se ne vedono più in giro come una volta!» e qualcuna di noi per un attimo si percepirà appartenente ad una «specie in estinzione».

Sì, ci siamo! Anche noi andremo in duomo! E sarà un momento di autentica mescolanza non solo di carismi, di fogge, ma anche di provenienze, lingue, razze, ed età. Quest’ultima con una evidente  forbice tra le «giovani» e le «anziane».

Nell’attesa che il tocco della campana segni l’inizio della celebrazione, un lieve brusio salirà dalle panche via via occupate dalle religiose che si «raccontano» con la vicina; il personale addetto all’ordine dovrà assistere impotente all’agitazione delle suore: abbracci, mani alzate in cenno di saluto che si richiamano da un lato all’altro della navata… È la fraternità intercongregazionale che viene fuori, un dono che la vita consacrata vive in queste ultime decine di anni. Ascolteremo parole di ringraziamento, di elogio, di incoraggiamento soprattutto per la vita religiosa femminile, anche se la giornata è per la vita consacrata. Ma si sa, la superiorità numerica ha il suo peso anche sui discorsi. Per due ore saremo sotto i riflettori. Ci verranno affidati il saluto e la benedizione per le sorelle che sono rimaste a casa, per i bambini, giovani, anziani, malati che serviamo nei nostri diversi apostolati.

Poi via di corsa «a vivere» da consacrate nel cuore della situazione caotica globale che si riflette senza eccezione nelle nostre città, nei nostri paesi, nei nostri quartieri, nei nostri piccoli o grandi servizi, con un compito che papa Francesco ci ricorda con queste parole: «Mettere Gesù in mezzo al suo popolo. Metterci con Gesù in mezzo al suo popolo, in mezzo alle “farine” che incontriamo qui e ora, mescolandoci a questa marea concreta che, con il Signore, può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio». Una mescolanza non di farina con farine, ma di lievito con farina: questa è la nostra missione. Disposte a perdere la visibilità, come il lievito nella massa, ma consapevoli che è la «qualità» a creare le condizioni favorevoli alla trasformazione.

La giornata mondiale  della vita consacrata allora non dura 24 ore, ma 365 giorni!

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  1. “Metterci con Gesú nel mezzo al suo popolo…” celebrare questa giornata vuol dire assumere l’impegno di non rinunciare ad esserci in mezzo al popolo, dove l’uomo vive, soffre, lavora, cresce con lo stile del Regno, nella piccolezza, il nascondiimento, sapendo di poter essere segni di speranza, di consolazione, di comunione aperta e sincera! Buena festa!