Ricordi della missione…
Sono passati un po’ di anni dal mio rientro dall’Argentina e i tantissimi i ricordi di ciò che ho vissuto in quel periodo sono scolpiti nel mio cuore. Mi risulta un po’ difficile, però, riassumere in poche righe la mia esperienza missionaria.
Entrando nell’Istituto Figlie dell’Oratorio, che aveva già aperto alcune comunità in Argentina, non avevo considerato in alcun momento la possibilità di partire per la missione ad gentes, perché ritenevo che per essere missionari si doveva avere tanto coraggio, grandi capacità organizzative, e molta preparazione, condizioni che a me non sembrava di avere.
Quando però mi è stato chiesto di partire per Buenos Aires, in Argentina, dopo aver riflettuto, ho accettato seppure con trepidazione. Sono stata destinata alla comunità di Caseros (Buenos Aires) dove le nostre suore erano già impegnate da anni nella conduzione di una grande scuola. Sono stata accolta dalla comunità religiosa con tanta gioia e affetto, così come da tutta la comunità della scuola e questo per me è stato un grande motivo di incoraggiamento.
Insieme alle comunità mi dedicavo a tempo pieno nel Colegio frequentato da 1500 alunni, dalla scuola dell’infanzia, alla primaria, fino alla secondaria di primo grado e di secondo grado con doppi turni. Il sabato e la domenica eravamo impegnate nelle attività pastorali della parrocchia e dell’oratorio.
Era molto bello iniziare la giornata in mezzo a una autentica marea di alunni, dai più grandi ai più piccoli, che prima di iniziare le lezioni si riunivano in palestra o nei cortili, per il rito obbligatorio del saluto alla bandiera e per la preghiera! Sì, erano tanti gli alunni, e quante sofferenze si portavano dentro! L’ambiente famigliare da cui proveniva la maggioranza di loro non era privo di problemi, da quelli più comuni alle normali famiglie a quelli più gravi per le ristrettezze economiche in cui si potevano trovare. Il gruppo dei professori e degli insegnanti da parte loro insieme all’istruzione si prendevano cura della loro formazione umana, cristiana e civile e lo facevano con pazienza, animati e sostenuti dalla volontà e dal desiderio di dare loro il meglio. Noi suore ci facevamo carico dei genitori o della famiglia nel suo complesso.
Ogni giorno c’era la fila degli adulti che venivano a parlare con la suora, e questo era il mio compito principale: c’era chi con umiltà chiedeva degli aiuti economici, chi uno sconto sulla retta della scuola, o alimenti perché col misero stipendio che avevano non sempre riuscivano ad arrivare alla fine della settimana. C’erano altri invece che, con la ricetta in mano, domandavano di essere aiutati a comperare le medicine, almeno quelle indispensabili. In Argentina, infatti, il sistema sanitario non copre le spese di medicine e altre cure.
Il ricordo più emozionante riguarda le visite alle famiglie delle «Villas», quartieri circoscritti abitati esclusivamente da immigrati, tra i più poveri, provenienti dalle zone interne dell’Argentina. Una delle prime volte che sono entrata in una «Villa», accompagnata da una suora che vi andava abitualmente per la catechesi in preparazione ai sacramenti, sono rimasta colpita dai ragazzi che uscivano dalle loro casette numerosi come le formiche. Sicuramente erano attirati anche dal fatto che al termine dell’incontro di catechismo avrebbero ricevuto un sacchetto di «fatturas» (brioches) da portare a casa. C’era infatti una pasticceria che ci dava gratuitamente quelle avanzate il giorno precedente.
Una volta siamo state chiamate a far visita a una bimba ammalata in una casetta della «Villa»: appena entrate, a causa del buio perché la baracca non aveva finestre né corrente elettrica, e del disordine che vi regnava, è stato per noi stato difficile scorgerla distesa sull’unico letto! Fui presa da un senso di impotenza e di sgomento al pensiero che una famiglia potesse vivere in una sola stanza, eppure ben presto mi resi conto che tantissime famiglie si trovavano nella medesima condizione!
Nelle vicinanze del «Colegio» condotto dalle nostre suore di Caseros ci sono almeno cinque di questi quartieri o Villas, pericolosi e difficili, quasi impenetrabili a un estraneo, ma le suore sono sempre ben accolte e portano una ondata di bene in mezzo a tanta povertà. Certamente la missione non è solo essere generosi, è innanzitutto portare Cristo con la testimonianza della vita: la disponibilità ad ascoltare, i consigli suggeriti, i viveri distribuiti sono gesti concreti ma sono veri se nascono da un atteggiamento di fondo, cioè dall’unione con Gesù, che traspare inevitabilmente nel modo di vivere e di agire.
Suor Annamaria Gambaretti