Gioventù, terra sacra
Dopo la pausa estiva riprendiamo la rilettura dell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium dall’angolatura carismatica propria delle Figlie dell’Oratorio.
La Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoversi e fermarsi davanti all’altro tutte le volte che sia necessario e dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa «arte dell’accompagnamento», perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (E.G. 169).
Per le Figlie dell’Oratorio questo passaggio dell’Evangelii Gaudium è un richiamo immediato alla gioventù. Sono i giovani la nostra «terra sacra», davanti a loro siamo chiamate a fermarci e commuoverci; a loro è donata la nostra vita e a loro vogliamo offrire la nostra vicinanza.
Gli articoli 90 e 91 delle nostre Costituzioni sottolineano come:
«La nostra vocazione richiede che buona parte della vita delle suore
passi in mezzo alla gioventù»
e
«Siamo chiamate a svolgere il nostro compito con carità ardente,
a non lasciare intentato alcun mezzo per operare in essa,
in un clima di spontaneità e di gioia,
tutto il bene possibile, amandola in Dio e per Dio,
come e quanto l’amò Gesù crocifisso che la redense con il proprio sangue».
Tutto questo significa in primo luogo «esserci», senza preoccuparci troppo di metodologie, di tecniche, di organizzazione. Cose necessarie, intendiamoci, ma assolutamente inutili se a monte non c’è un cuore toccato dal Vangelo e appassionato della gioventù.
Esserci: questo chiedono innanzitutto i ragazzi. Avere l’ardore e l’ardire di «perdere tempo» in mezzo a loro, di ascoltarli, di condividerne gli interessi e le aspirazioni, le fatiche e le resistenze. Solo così potranno crearsi le condizioni per vivere relazioni profonde e libere, che vadano al di là della formalità, in cui i giovani possano raccontarsi e mettersi a nudo senza paura del giudizio, senza l’ansia di dover rispondere alle nostre aspettative, nella verità di se stessi.
Più che mai abbiamo bisogno di uomini e donne che conoscano il modo di procedere, dove spiccano la prudenza, la capacità di comprensione, l’arte di aspettare, la docilità allo Spirito, per proteggere le pecore che si affidano a noi dai lupi che tentano di disgregare il gregge. Abbiamo bisogno di esercitarci nell’arte di ascoltare, che è più che sentire. La prima cosa è la capacità del cuore che rende possibile la prossimità, senza la quale non esiste un vero incontro spirituale (E. G. 171).
Non dimentichiamo che la Figlia dell’Oratorio non solo lavora per i giovani, ma vive tra loro e con loro, senza scadere in sterili giovanilismi o scendere a facili compromessi, col desiderio di amarli. Siamo chiamate a porre attenzione a non portare noi stesse, ma ad essere segno tangibile e veritiero dell’amore di Dio e a donare loro ciò che di più prezioso abbiamo: il nostro incontro con Cristo. Lui ci rende libere di amare nella gratuità, senza pretendere, anche inconsapevolmente, il contraccambio. Lui ci scioglie dalla paura di non essere all’altezza, di non «essere capaci», di non saper parlare. Lui ci dona la consapevolezza che ciò che conta non è essere primedonne ma sue discepole. E tutto questo per annunciare ai ragazzi e alle ragazze che avviciniamo che sono amati, che la loro vita è preziosa, che come l’amore di Dio ha liberato i nostri cuori dalla schiavitù della paura può liberare anche i loro, per vivere la loro vita col cuore radicato nella gioia e nella serenità di chi sente di essere in mani buone e sicure.
Solo a partire da questo ascolto rispettoso e capace di compatire si possono trovare le vie per un’autentica crescita, si può risvegliare il desiderio dell’ideale cristiano, l’ansia di rispondere pienamente all’amore di Dio e l’anelito di sviluppare il meglio di quanto Dio ha seminato nella propria vita (E. G. 171).
Grazie per la riflessione profonda, nella quale si comprende benissimo uno dei pilastri del carisma del vostro istituto.
Lo schema che adotti lo apprezzo molto, in questo modo mi è piu facile capire alcuni passi teorici contenuti nel documento prezioso del Papa.
Questa riflessione interroga molto sul come “stare” tra i giovani, con i giovani, per i giovani.
Mi piacerebbe conoscere da alcune tra voi alcune esperienze legate a queste tre verbi “stare tra”, “stare con”, “stare per” che hanno come oggetto i giovani
sono d’accordo con quanto scritto da Marco soprattutto quando chiede di conoscere esperienze legate a stare tra, stare con, stare per, ma vorrei aggiungere che purtroppo ci sono molte realtà in cui questi verbi sono al passato e non più al presente. forse davvero bisognerebbe studiare il modo di raggiungere almeno le realtà in cui le fdo sono state e hanno dato molto a tutti, per non coniugare quei verbi al passato, scusa ma è quello che mi sento dentro ciao