Tempo di diaspora
L’amicizia che avevo con i sacerdoti delle parrocchie lungo la sponda lombarda del Po mi portò a conoscere anche i preti di là da Po, cioè della diocesi di Guastalla. Tra i due territori c’era un forte scambio: infatti, nonostante il fiume facesse da confine naturale, le famiglie migravano facilmente oltre Po e le proprietà terriere di qua e di là erano in continuità. Questo favorì la diffusione della notizia della nuova associazione di donne a cui avevo dato vita. Anzi, in quelle terre, apertamente socialiste e anticlericali, questa forma di servizio alla parrocchia era la benvenuta, una provvidenza! Conobbi così il Vescovo di Guastalla che mi trattò da subito e sempre come un amico e un fratello. Gli incontri con lui mi infondevano fiducia a proseguire. Furono organizzate le prime aperture nella diocesi di Guastalla: erano paesi di campagna ma molto attivi economicamente. Le «suore» erano chiamate ad occuparsi non solo delle giovani ma anche del funzionamento delle scuole materne per poter usufruire di uno stipendio senza essere totalmente a carico della parrocchia. Scelsi per queste nuove fondazioni le persone più motivate dal punto di vista apostolico, più salde nella vita spirituale e più intraprendenti. E nessun parroco, meno ancora il Vescovo, rimasero delusi. Le nuove aperture si diffondevano a macchia d’olio, con il passaparola, a volte in un comune e nelle sue frazioni. Vennero richieste anche da parrocchie molto povere e, nonostante qualche resistenza da parte delle suore che erano preoccupate per la sussistenza, non le respinsi.
I miei contatti con le suore al di là del Po erano frequenti, il lavoro era duro e i risultati non sempre erano proporzionati all’impegno di energie profuso. Ma era il campo che la Provvidenza in quegli anni ci aveva aperto davanti e il compito delle suore non era di mietere, ma di seminare. Esse erano pienamente consapevoli di questo per cui vivevano il mandato come una «missione».
Piano piano anche da queste comunità vennero adesioni al progetto, ora più giovani e generose, ora più mature, ma tutte accomunate dal desiderio di servire il Vangelo secondo le caratteristiche della nuova fondazione. Venni in contatto anche con il Vescovo di Reggio Emilia il quale si propose per approvare le Regole e la nuova associazione e mi offrì addirittura la possibilità di istituire il noviziato nella sua città. Lo considerai una tentazione a fuggire dalla giurisdizione del mio Vescovo al quale avevo promesso, dopo tutto, obbedienza. Occorreva aspettare i tempi di Dio… e quelli del mio Vescovo.