L’approvazione diocesana delle Regole

Ero stato dal Vescovo per dire la mia «totale sottomissione» in merito all’uso delle Regole prese ingenuamente e arbitrariamente in prestito e, dopo questo episodio, decisi che sarei venuto allo scoperto in tutto e per tutto. La diffusione delle piccole comunità in diocesi di Cremona e anche oltre, la stima che riscuoteva la fondazione ed eventualmente anche le immancabili critiche, esigevano una regolamentazione ufficiale, che si concretizzava nella approvazione della Regola di vita da parte del Vescovo. Mi aspettavo che dopo gli interventi a mio sfavore, qualcuno dell’«alto» mi avrebbe chiesto ragione, ma non si mosse nulla. Feci in modo, allora, che arrivasse al Vescovo la mia richiesta di prendere in esame la nuova fondazione e aspettai. Aspettammo, per ben due anni un segnale dalla Curia.

La mia fiducia nei miei superiori incominciò a vacillare, ma non potevo andare a sollecitare nessuno, né avevo conoscenze così importanti in Curia per chiedere una raccomandazione. Ora ero nello sconforto perché interpretavo il silenzio come un no, ora mi abbandonavo alla preghiera che riaccendeva la speranza di un sì.

Nessuno immaginava che parte della responsabilità del silenzio che attribuivo al vescovo fosse dovuta invece alla mia perpetua maldestra e facilona che aveva infilato in un cassetto qualsiasi della cucina una lettera che veniva, appunto, dalla Curia. Quando provvidenzialmente e casualmente aprii proprio quel cassetto e scorsi la lettera feci molta fatica a trattenere la mia ira contro di lei. La curiosità di conoscere il contenuto fu abbastanza forte da sciogliere ogni mio proposito di investirla con rimproveri. Era il Vescovo che mi chiedeva a stretto giro di posta di inviargli una copia della Regola che avevo preparato per la nuova fondazione. Chiesi alle suore  una copia manoscritta del testo e prima delle feste di Natale del 1900 la inviai al Vescovo. Incominciai ad aspettare un’altra volta. Ormai i tempi dovevano essere brevi, mi dicevo. E invece  trascorsero tre lunghi mesi, tra nuove delusioni, e speranze. In primavera il Vescovo mi convocò e, dopo alcune domande particolareggiate e molto interessate alla fondazione, mi chiese di rifare un testo più sintetico e lui lo avrebbe approvato.

Scrissi la nuova regola secondo quanto suggeritomi e mi resi conto che erano pochissime paginette, ma contenevano l’idea originaria e le caratteristiche peculiari. Prima di affidarla alle mani del Vescovo la posi, materialmente, nelle mani della Madonna. Facevano così le mamme quando avevano i figli ammalati: deponevano per alcuni istanti nelle mani della statua della Madonna del Rosario le magliette intime dei loro piccoli. Era, insieme, un atto di affido e una supplica.

Ora non avevo alcun dubbio sulla benevola accoglienza.

E così avvenne. In giugno ricevetti la risposta del Vescovo. Mi restituiva le regole  corrette in alcuni passaggi, anche se non in modo sostanziale e  in coda al testo scriveva di suo pugno la propria piena approvazione e la raccomandazione ai parroci ad usufruire di queste nuove suore per la formazione della gioventù. Dopo averla letta non senza una certa commozione, la riposi nel cassetto della  mia scrivania, e non ne parlai con nessuno. Fu una suora che dopo un po’ di tempo, volendo fare pulizia e mettere ordine nel mio studio, scorse la lettera del Vescovo con l’approvazione risalente già a qualche settimana anteriore, esattamente al 20 giugno del 1901.

Fui assalito dai suoi benevoli rimproveri per aver tenuto nascosta una notizia così importante. Riteneva che l’approvazione poteva essere un incentivo a fare meglio e di più e un modo per mettere a tacere le lingue di alcuni miei confratelli.Risultati immagini per mano ok gif

Ma per  ottenere questo non serviva e non era sufficiente una approvazione diocesana! Ora c’era e questo bastava!

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