Ledovina Scaglioni
Ledovina aveva preso sul serio ogni cosa. Lo studio, la vita spirituale, le relazioni nella piccola comunità a cui nel frattempo si erano aggiunte altre per gli studi e una per le faccende di casa. Taddea, un singolare personaggio, tutto fuoco e fiamma, generosa e ombrosa a fasi alterne, le faceva da sorella aiutandola nello studio, sostenendola nei dubbi, rallegrandola nelle crisi di malinconia.
Ledovina aveva alcune difficoltà nello studio, Taddea era brillante. In cambio Ledovina curava molto la vita di preghiera e di unione con il Signore, mentre Taddea si lasciava prendere la mano dalle cose da fare e si mise anima e corpo nei pettegolezzi, quando feci il cambio tra la Cipelletti e la Caccialanza. Conoscevo le due da tempo, per cui lasciai che vivessero insieme alcuni anni perché si contagiassero a vicenda nelle buone qualità che ognuna aveva nel proprio bagaglio umano e spirituale. Intanto la Caccialanza, pur piena di buona volontà per obbedire ai miei ordini di rimanere al suo posto di guida, stava inesorabilmente spegnendosi per una grave malattia. Dovevo pensare con chi sostituirla. C’erano tante «sorelle» responsabili, attive, disponibili, fedeli alle mie direttive, ma, quando le facevo scorrere, il mio pensiero si fermava sempre su Ledovina. Era giovane rispetto alle altre: aveva solo 25 anni! Le avrebbero obbedito, soprattutto quelle della prima guardia? Penso che la mia inclinazione a sceglierla come futura guida fosse dovuta alla sensibilità spirituale che aveva manifestato, un po’ per natura, ma tanto per dono di Dio e buona parte anche per la sua dedizione a coltivarla. E poi aveva un animo semplice e buono, che, sposato con altre qualità naturali, le avrebbero consentito di avere una guida ferma con una mano morbida.
Avevo compreso che uno può imparare a fare la scuola di lavoro, la catechesi, la scuola primaria, ma guidare le anime a Dio e al servizio del Regno di Dio viene dall’alto ed è un dono che lo Spirito elargisce a chi vuole.
Non ne parlai a nessuno, coltivavo il pensiero nella preghiera.
Dopo la morte di Maria Caccialanza avvenuta alla fine dell’estate del 1900 lasciando un grande vuoto tra tutte e un po’ di disorientamento, convocai le suore a Maleo e comunicai l’intenzione che la nuova superiora fosse eletta da loro, anche se da parte mia avrei suggerito un nome. Volevo in un certo senso coinvolgerle, ma temevo che non avrebbero condiviso la mia scelta a motivo dell’età della candidata. Invece Ledovina fu la nuova superiora. Dietro a questa elezione, pur guidata da parte mia, c’era la mia intenzione di incominciare a consegnare la nuova fondazione ai membri che ne facevano parte. Non c’era più il rischio corso qualche anno prima, era molto forte il senso di appartenenza, ed era abbastanza e diffusamente recepito il carisma.
L’Istituto doveva camminare in fedeltà all’idea originaria anche senza la mia persona: erano trascorsi già quasi 20 anni, abbastanza per non perdersi dietro a personalismi e protagonismi.
Cercai di rincuorare Ledovina, assicurandole la mia vicinanza e tutte le presenti promisero che avrebbero cercato di renderle meno pesante il compito. Un compito che incominciava a diventare impegnativo, perché le «sorelle» aumentavano, le case pure, e soprattutto si imponeva la necessità di istituzionalizzare l’associazione perché per continuare aveva bisogno della approvazione diocesana.