Spuntano i primi germogli
La vita della comunità parrocchiale mi teneva molto occupato ma non mi impedì di cercare di capire se, nella stessa Regona, potevano esserci le condizioni per sperimentare alcune iniziative capaci di radunare le ragazze. Conoscevo le signorine Merlo, zia e nipote, che in paese si dedicavano ad una piccola attività educativa in forma privata. Non avevano problemi economici, vivevano della loro attività, tra l’altro apprezzata dalle famiglie, e soprattutto erano praticanti. Tutti ritenevano che conducessero una vita da consacrate in casa.
Venendo a confessarsi da me, compresi che era proprio così. Un pomeriggio andai a casa loro e dopo i convenevoli, mi feci coraggio e proposi loro la mia idea, quella cioè di collaborare più da vicino con me a favore della gioventù femminile. Mentre spiegavo il problema, che non era solo della nostra parrocchia ma abbastanza diffuso, percepivo che entravano in empatia con me e, quando chiesi loro esplicitamente la disponibilità a iniziare qualche attività finalizzata a raccogliere le ragazze sotto la mia direzione, anche spirituale, capii dalle espressioni dei volti ancor prima che dalle parole le loro disposizioni, anzi, la gioia a poter essere di aiuto nel bene. Mi parlarono di una loro conoscente, una certa Giuseppina Gioggi, che sicuramente avrebbe potuto unirsi in questo apostolato e che forse era disponibile ad andare ad abitare con loro. Da parte mia infatti avevo fatto capire che l’organizzazione laicale delle orsoline di s. Angela Merici poteva essere un modello a cui ispirarci: consacrate a Dio e ad un servizio nella chiesa senza essere suore.
Quando mi congedai, lungo la strada di ritorno per casa, la mia gioia e la mia preghiera di ringraziamento al Signore erano tali che non mi accorgevo di nulla, nemmeno delle persone che mi salutavano.
Dopo qualche giorno vennero tutte e tre da me e non solo si resero disponibili, ma avevano anche pensato a qualche iniziativa. Nella loro casa, che era abbastanza capiente, potevano dedicarsi alla «Dottrina» domenicale e nel cortile a un po’ di intrattenimento con il gioco; durante i giorni feriali avrebbero attivato una scuola di lavoro.
Naturalmente tutto questo potevano svolgerlo senza lasciare la scuola materna, che era una fonte di sostentamento.
Fu la prima comunità? In quel momento non lo pensai!
Fu l’inizio di quello che da lì a 20 anni sarebbe stato una vera e propria congregazione di religiose? Ero lontano da queste considerazioni molto istituzionali!
Forse era solo una scintilla, anche se non di quelle che si spengono subito ma che accendono nuovi fuochi, perché scaturita dal Fuoco vero. Questi piccoli gruppi di volontarie infatti si moltiplicarono.
A Cornaleto, dove andavo come confessore straordinario, c’era una maestra, forse Amalia Ferrari o qualche altra i cui nomi, anche dagli stessi testimoni o dai miei agiografi sono riferiti in modo incompleto e a volte diverso a seconda delle edizioni. A parte la sua identità anagrafica era una persona che aspettava un segno per decidere in quale congregazione religiosa consacrarsi. Ne parlò con me in confessione e non esitai un momento a presentarle la piccolissima esperienza del gruppo di Regona, gli scopi e quanto altro; le spiegai che la sua poteva essere la casa religiosa che cercava e che le avrei trovato quanto prima una o due compagne con cui condividere il progetto di apostolato che le avevo illustrato. Nel frattempo infatti dove andavo per motivi di ministero, Maleo, Pizzighettone e dintorni, se c’erano delle possibili candidate alla vita consacrata le coinvolgevo anche nel mettere a disposizione eventualmente la propria casa e, siccome questo gruppo di donne che vivevano insieme non sarebbe sfuggito agli sguardi e alla curiosità della gente, suggerii loro di spiegare che erano come le orsoline, una presenza conosciuta da tempo e consolidata nelle nostre zone. In questo modo l’iniziativa si diffuse sul territorio, se pure in modo poco vistoso. Così a Formigara, a Domenica Croce che non poteva lasciare i genitori soli e anziani, ma che ugualmente era diventata una vera e convinta simpatizzante, si unì Maria Cocci. A Pizzighettone Angelina Cipelletti accolse nella propria casa Marina Grisi e Rosina Bianchi e dopo poco venne ad abitare con loro Maria Caccialanza, maestra di lavoro.
Le uniche indicazioni che davo passando a fare loro visita furono di non vivere separate dalla vita della comunità parrocchiale, perché, anzi, ne dovevano essere l’anima soprattutto a favore dei sacerdoti e per la gioventù e che dovevano attenersi alle direttive che periodicamente avrei dato loro.