Cuori agitati
Se si ha l’occasione di fermarsi ad ascoltare i cuori delle persone, al di là delle apparenze, ci si accorge di come spesso siano aggrovigliati. Non cattivi, ma agitati e inquieti. Quante persone si affaticano per avere un po’ di attenzione e un po’ di affetto e si riducono ad elemosinare l’amore! Quante ce ne sono che non riescono a godere di quello che hanno e che sono sempre alla ricerca affannata di qualcosa in più (cosa, non lo sanno nemmeno loro!)! Quanti invece si «accontentano», nel senso più deleterio, scendendo a compromessi con la vita, convinti che la loro esistenza non sia nulla di speciale e non abbia nulla da dire a nessuno! Quante maschere di bellezza si indossano, che costringono a far finta di essere ciò che non siamo per poter avere almeno uno sguardo che faccia sentire vivi! Quanti rancori nati dal cercare negli altri ciò che invece possiamo trovare solo in noi stessi!!! E si potrebbe andare avanti per pagine e pagine! Che fatica forare la crosta della superficialità e riuscire a leggere il significato più profondo di ciò che viviamo!
Il nostro cuore è un vero e proprio caos, un labirinto al cui interno troviamo tanta energia che però non sappiamo sfruttare e incanalare e da cui spesso rimaniamo travolti senza trovare una via d’uscita.
La Parola di Dio ha qualcosa da dire a questo nostro cuore, una Buona Notizia capace – non magicamente ma efficacemente – di pacificarlo; ha un dono da offrirgli, quello dell’essere amato incondizionatamente, senza se e senza ma. E solo l’esperienza dell’amore ricevuto senza merito è balsamo per le ferite che ci portiamo dentro.
C’è urgenza di parole buone, di speranza, che diano fiato e libertà! E quelle parole le troviamo nella Parola. Quella di Dio. Che troppo spesso sentiamo lontana, appesantita da veli di moralismo e apparenze di intransigenza che ci spingono a cercare refrigerio altrove perché, ingannati, la sentiamo come un dito puntato sulle nostre fragilità, dimenticandoci che «ogni parola nella Scrittura è anzitutto dono, prima che esigenza» (E. G. 142).
Don Vincenzo era un esperto ascoltatore dei cuori e delle inquietudini che si nascondono al suo interno. Ed era un attento conoscitore del Vangelo, che per primo aveva accolto in sé come fonte di vita. Era capace di «porsi in ascolto del popolo, per scoprire quello che i fedeli avevano bisogno di sentirsi dire» e divenne «un contemplativo della Parola e un contemplativo del popolo» (E. G. 154).
Aveva già fatto suo il richiamo di Papa Francesco: «Il predicatore per primo deve sviluppare una grande familiarità personale con la Parola di Dio: gli occorre accostare la Parola con cuore docile e orante, perché essa penetri a fondo nei suoi pensieri e sentimenti e generi in lui una mentalità nuova» (E. G. 149).
Per questo fece della predicazione, in particolare dell’omelia, uno strumento di incontro tra cuore e Parola, conscio che questo momento «può essere realmente un’intensa e felice esperienza dello Spirito, un confortante incontro con la Parola, una fonte costante di rinnovamento e di crescita» ed è «la pietra di paragone per valutare la vicinanza e la capacità d’incontro di un Pastore con il suo popolo» (E. G.135).
Don Grossi considerava dovere della propria vita essere l’uomo per il Vangelo e per gli altri, e il suo zelo anticipava quanto viene affermato in Evangelii Gaudium 149: «La maggiore o minore santità del ministro influisce realmente sull’annuncio della Parola. Se è vivo il desiderio di ascoltare la Parola che verrà poi predicata, questa si trasmetterà in un modo o nell’altro al Popolo di Dio: “la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda” (Mt 12,34)».
Nella sua preghiera si accorgeva che «il Signore si compiace veramente nel dialogare con il suo popolo» e nella sua predicazione si sforzava di «far percepire questo piacere del Signore alla sua gente» (E. G. 141).
La disponibilità di San Vincenzo «a lasciarsi commuovere dalla Parola e a farla diventare carne nella sua esistenza concreta» (E. G. 150) sia una spina nel fianco per i pastori di oggi e per tutti, che costringa a guardare i grovigli del nostro e dei cuori altrui non solo come blocchi e impedimenti alla vita ma come crocevia, come occasioni per aprirci all’amore di Dio, l’unico balsamo che può lenire le nostre lacerazioni interiori.
Bel post! Grazie a chi l’ha scritto con tanta passione.
Sarebbe bello se voi Figlie dell’Oratorio organizzaste uno o piu momenti (eventi o altro) in cui insegnate a noi educatori/insegnati/catechisti modalità con cui: 1) imparare ad ASCOLTARE in modo costruttivo i problemi e le provocazioni dei ragazzi, 2) imparare ad ideare momenti di aggregazione di gioia e svago per STARE con loro senza pregiudizi, 3)imparare a PROPORRE la Parola come fonte di ricchezza spirituale sia per i cristiani sia per coloro che si dichiarano senza fede.