Con il cuore in mano…
Capire il Cuore di Gesù
Tutti ricordiamo le raffigurazioni del Sacro Cuore, presenti nelle nostre case religiose fino a qualche decennio fa. A volte erano davvero misere dal punto di vista artistico ma avevano uno scopo altissimo: esprimere una relazione d’amore. «Sacri Cuori» dipinti o scolpiti, rappresentati col petto aperto, feriti, con il cuore in mano, o cuori sormontati da fiamme…: era un modo per dire che quel cuore non si chiude per nessuno, che rimane aperto qualunque cosa accada. Nella prassi pastorale purtroppo, «Sacro Cuore» è diventato una contrazione linguistica di una verità teologica di ampio respiro e più specificamente delle parole di Gesù: «Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime». Purtroppo nella contrazione il messaggio da profonda relazione di amore si è ridotto a una dolce immagine.
Sono state scritte tante cose sul Cuore di Cristo! Nel Vangelo una sola volta, Gesù stesso ne parla dicendo di essere «mite ed umile di cuore». Una mitezza che non ha niente a che fare con la svenevolezza o il sentimentalismo perché il suo cuore ha una considerevole capacità di accoglienza e una forte coscienza delle proprie possibilità e dunque la capacità di non escludere nessuno: Venite a Me, TUTTI.
Dire di sé che è «MITE E UMILE DI CUORE» non è stato per Gesù una occasione ma, attraverso tutto il Vangelo, Egli ci lascia vedere il suo Cuore. È questa attenzione all’altro, questa forza d’accoglienza: «Venite tutti!», che definisce il CUORE di Gesù.
Un tal cuore è diventato attraverso la storia dei cristiani, e cioè della Chiesa, il simbolo della più perfetta «relazione» d’amore e dunque anche del desiderio più profondo dell’uomo.
Nei tempi presenti, dove la capacità di rapporto gratuito e profondo è allo stesso tempo così raro e così apprezzato, questi tempi che viviamo sono particolarmente atti a riscoprire il messaggio di Gesù «con il cuore in mano» in tutto il suo dinamismo. Non per nulla quando vogliamo dire tutta la partecipazione alla situazione del nostro ipotetico interlocutore usiamo l’espressione: «Ti parlo con il cuore in mano».
Il poter avere libero accesso al cuore di Gesù così come siamo è la chiave per sentirsi ed essere uomini e donne liberi, senza maschere, senza bisogno di dimostrare nulla a nessuno. C’è tanto bisogno di uomini e donne così, che non vivono di invidie e finzioni, che sanno essere se stessi in autenticità e che in questo modo sono segno di cosa è capace di fare Dio con i piccoli!