«Discepolimissionari»
Al n. 120 di Evangelii Gaudium Francesco ribadisce che “in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio è diventato discepolo missionario (cfr Mt 28,19) e tiene a sottolineare che questi due termini non possono essere disgiunti: «non diciamo più che siamo “discepoli” e “missionari”, ma che siamo sempre “discepoli-missionari”».
Nessuno è così ricco da non avere nulla da ricevere e nessuno è così povero da non avere nulla da donare.
Quanto respiro danno queste affermazioni! Liberano dai sensi di inferiorità e superiorità che ci portiamo dentro. Ma quanta conversione richiedono! Infatti, ancora troppe volte è facile accorgersi che c’è chi pensa di poter abbandonare la sua condizione di discepolo, perché tutto proiettato a fare da punto di riferimento agli altri o perché pensa di non avere nulla da imparare da nessuno, mettendo così da parte anche Gesù, il vero Maestro, e dimenticando che «tutti dobbiamo lasciare che gli altri ci evangelizzino costantemente» (n. 121).
Oppure ci sono quelli che non credono di avere le carte in regola per poter annunciare il Vangelo, perché, a dir loro, non hanno sufficiente preparazione, bravura o istruzione. Ma l’Evangelii Gaudium è chiara:
«Se uno ha realmente fatto esperienza dell’amore di Dio che lo salva, non ha bisogno di molto tempo di preparazione per andare ad annunciarlo, non può attendere che gli vengano impartite molte lezioni o lunghe istruzioni. Ogni cristiano è missionario nella misura in cui si è incontrato con l’amore di Dio in Cristo Gesù» (n. 120).
Se il tuo motore è acceso, non puoi star fermo, anche se magari è quello di una Panda e non di una Ferrari. Andrai a 90 km orari anziché a 230, ma non sarai immobile e paralizzato, dietro la scusa che non hai il macchinone! Se il tuo cuore arde, non puoi non brillare! Il calore e la luce si diffondono attraverso te, non perché hai studiato, non perché sai padroneggiare gli ultimi strumenti della comunicazione e nemmeno perché hai doni o talenti particolari che ti rendono migliore degli altri, ma semplicemente perché hai incontrato la Buona Notizia e non puoi più tenerla per te.
«La nostra imperfezione non dev’essere una scusa; al contrario, la missione è uno stimolo costante per non adagiarsi nella mediocrità e per continuare a crescere» (n. 121).
San Vincenzo aveva ben chiara questa inscindibilità di discepolato e missione. Questo gli ha permesso di vivere con liberante gratuità il suo ministero sacerdotale, donandosi senza riserve né recriminazioni, senza attendersi qualcosa in cambio, mai lagnandosi dei suoi parrocchiani. Ha coltivato una profonda semplicità che lo poneva a fianco di tutti, senza mai scadere nella presunzione di avere – in quanto pastore – solo da dare. Non ha mai ceduto alla tentazione della superiorità che poteva derivargli dal suo ruolo di parroco. E questo a partire non dalle sue virtù umane, ma dall’esperienza di essere amato da Cristo. Qui sta il fondamento del suo amore verso i fratelli e della sua missione, come ci dice anche l’Evangelii Gaudium ancora al n. 121:
«Il tuo cuore sa che la vita non è la stessa senza di Lui, dunque quello che hai scoperto, quello che ti aiuta a vivere e che ti dà speranza, quello è ciò che devi comunicare agli altri».
Conscio che senza il Signore non possiamo far nulla, indicava con decisione anche alle sue suore la fonte a cui abbeverarsi e, guardando il Tabernacolo, diceva: «Qui, qui dovete venire, a questo incendio d’amore. Allora sì che darete qualche cosa di sostanzioso a coloro che avvicinate».
Oggi papa Francesco ce lo ripete con altre parole:
«Tutti siamo chiamati ad offrire agli altri la testimonianza esplicita dell’amore salvifico del Signore, che al di là delle nostre imperfezioni ci offre la sua vicinanza, la sua Parola, la sua forza, e dà senso alla nostra vita» (n. 121).