Il prossimo: immagine di Dio
Don Vincenzo, accompagnò con lo sguardo il suo coadiutore mentre usciva dalla canonica dopo una accesa discussione. Lo guardava come uno da cui difendersi le spalle, per alcuni fatti recenti in cui era stato coinvolto.
Quando la porta si chiuse rumorosamente, sobbalzò e fu come risvegliato da questi tristi pensieri.
«Dominus in eis, Dominus in Sion, Dominus in medio rubi», («Il Signore è in loro, il Signore è in Sion, il Signore è in mezzo al roveto») gli suggerì la sua coscienza.
Ma come poteva amarlo e stimarlo?
Gli appariva simile ad una montagna per la sua superbia, a una roccia per i modi duri e sgarbati, a un roveto spinoso per il suo cattivo temperamento, per le sue collere! E se col tempo il suo carattere fosse divenuto ancora più difficile e scabroso? Non erano motivi sufficienti per essere dispensato dall’amarlo?
Anche gli Ebrei nel bel mezzo del deserto si trovarono davanti le cime fumanti del Sinai che guardavano con rispetto e con timore; Mosè stesso si appressò al roveto ardente con venerazione. Rispetto e venerazione perché Dio, che non potevano vedere in viso, era su quel monte, presente in quelle fiamme, in mezzo al roveto ardente: erano la sua immagine.
Don Vincenzo si alzò dalla sedia, si avvicinò alla finestra da dove poté scorgere il sacerdote che stava attraversando il cortile dell’Oratorio. Con lui doveva stare insieme nella medesima parrocchia, condividere ogni giorno le stesse premure pastorali. Sentì che Dio gli comandava di amare anche questo suo coadiutore,« perché in lui c’era l’impronta del Suo essere e del Suo suggello, la più viva espressione della Sua potenza e le opere più belle e care delle Sue mani».
Comprese che se non avesse amato la sua immagine, non amava Lui stesso. Una motivazione abbastanza forte per incominciare a considerarlo come l’oggetto più degno del suo affetto. Di più. Un dono del Padre, un’occasione per dirgli il suo amore più genuino.