Le braci… di don Vincenzo
Mentre la notizia della morte di un’altra nostra sorella (suor Maria Galluzzi) si diffondeva da casa madre nelle comunità dell’Istituto, avvolgendo di mestizia il cuore e di interrogativi «esistenziali» la mente, giungeva alla redazione del blog la riflessione di un’altra figlia dell’oratorio, che pubblichiamo di seguito: una boccata di ossigeno per riprendere la strada, un invito a credere, sperare e amare contro ogni tentazione, timore o minaccia di un possibile o ipotetico esaurimento di risorse. È questo il tempo di imparare lentamente a gustare, come dice K. Rahner, in una sequela sempre più radicale e generosa, la pienezza nel vuoto e l’alba nel tramonto.
La nonna era sempre la prima a scendere in cucina, mentre la casa era ancora avvolta nel silenzio. Prendeva dal davanzale del camino un piccolo attrezzo in ferro e con un gesto deciso smuoveva la cenere del focolare perché sapeva che, sotto, alcune braci erano ancora rosse. Erano il principio attivo per il nuovo fuoco che avrebbe dato vita alla casa: avrebbe rallegrato la cucina con la sua voce scoppiettante, avrebbe avvolto tutti come un caldo abbraccio, e soprattutto avrebbe consentito di cucinare i pasti del nuovo giorno. Poche braci del giorno precedente avrebbero sprigionato tanto?
Vi sistemava sopra, a regola d’arte – perché accendere il fuoco era un’arte – un po’ di cartocci di granoturco, qualche tutolo, pochi rametti sfilati dalla fascina di legna e poi, quasi inginocchiata, si avvicinava e vi soffiava sopra non più di tre volte e il fuoco si accendeva: i cartocci secchi crepitavano avvolti dalle fiamme. Non si sarebbe spento se non a sera, ricoperto dalla cenere, per essere pronto per il rito iniziale del giorno successivo.
Una scena di vita della mia infanzia, una parabola che mi aiuta a interpretare il mio stato d’animo man mano che scorro gli articoli del blog che mi aiutano a capire il messaggio di don Vincenzo, oggi.
Sotto la cenere delle tante cose da fare, degli anni che passano, della stanchezza che limita le possibilità, del timore per il nuovo, della sfiducia nell’inedito, ci sono le braci tuttora vive della sensibilità per il mondo giovanile, per la vita della chiesa e per la collaborazione alla sua missione, per una vita al seguito di Gesù.
Tutto questo è una certezza, non un desiderio o un sogno! Quello che in questo tempo mi aiuta a conoscere meglio don Vincenzo e il suo progetto, ravviva emozioni, suscita interrogativi, genera propositi, come negli anni in cui eravamo numerose e le energie erano al massimo.
Don Vincenzo ci ha lasciato in eredità un po’ di braci e ci ha affidato la missione di accendere con esse ogni giorno il fuoco della missione, perché ogni giorno è nuovo, nuovi i bisogni e nuovi gli orizzonti.
Custodiamo vigilanti e attive queste braci… non rinunciando mai all’ideale e scegliendo tutti i giorni di incarnarlo nella realtà che ci tocca vivere, fedeli e creative. San Vincenzo ci doni la grazia di riconoscere e sposare i criteri del Regno, quelli della piccolezza del seme, e dell’efficacia nascosta del lievito….