Il self-control di don Vincenzo: distacco e freddezza o autodisciplina? (1)
Le icone che raffigurano san Vincenzo non sembrano trasmettere gli aspetti salienti del suo carattere, mentre è possibile cogliere la dolcezza di san Filippo Neri, la paternità di san Giovanni Bosco, il cipiglio volitivo del Vescovo Bonomelli nelle immagini che li rappresentano.
Forse la scarsità di foto originali e la poca significatività di quelle esistenti, hanno imposto all’artista di dedicarsi maggiormente al recupero dei caratteri somatici, lasciando da parte la possibilità di cercare di raccontare, attraverso i colori e le linee, la personalità di san Vincenzo.
L’immagine più diffusa, alla quale si sono riferite la maggior parte di quelle prodotte successivamente, lo raffigura serio in viso, lo sguardo diretto altrove, statuario, le mani raccolte, e lo sfondo per lo più neutro.
Ma com’era veramente don Vincenzo? Il suo carattere, la sua personalità?
Ci raccontano che era sempre uguale a se stesso, senza alterazioni di umore, che sapeva dominare il suo carattere, che aveva un self control molto alto, che quando conversava con le persone era breve e non guardava mai in viso le donne, che parlava poco e sempre di argomenti seri, che di fronte alle avversità si mostrava imperturbabile
Qualche testimone, non si sa se per deduzione o per esperienza diretta, è arrivato a definirlo «rude nella scorza». Il suo Vescovo, riferiscono che in due distinte occasioni, lo aveva definito zoticone ed originale.
Insomma un personaggio!
Fortunatamente ci sono molte altre testimonianze che lo descrivono di carattere benevolo, allegro e aperto, sorridente.
Addirittura vivace!
Ve lo immaginate il san Vincenzo della icona che ammicca ai ragazzi perché entrino pure in casa sua anche se sta mangiando; che scompiglia con un gesto familiare i loro capelli ruvidi per la polvere e la poca cura; che continua imperterrito le sue attività alla scrivania nonostante il chiasso indiavolato di quanti considerano la canonica alla stregua del cortile dell’oratorio!?!
Non è improbabile che don Vincenzo si sia anche scomposto dalla sua ieraticità e si sia lasciato sfuggire qualche parola pesante diretta a un giovanotto, che si sia acceso in viso per aver udito una bestemmia o simile, o che non si sia messo i guanti per servire un bel caffè, «non in grani» e «senza zucchero», ad una suora andata da lui a sgranare una litania di lamentele. Ma era più normale, dicono i testimoni, incontrare don Vincenzo con il volto disteso e illuminato da un largo sorriso, intrattenersi con i suoi contadini anche su argomenti faceti.
Un carattere sensibilissimo, raccontano, quello di don Vincenzo, perché alle sfuriate seguiva immediatamente il dominio quasi perfetto dei suoi nervi, facendo rientrare l’irruenza che si era sprigionata dal suo carattere energico e volitivo. Non si giustificava, ma recuperava l’equilibrio.
E se alcuni lo hanno considerato un tipo imperturbabile, come di fronte alla morte improvvisa del fratello, alla notizia di una cascina della parrocchia distrutta dal fuoco, alla malattia grave di qualche suora che considerava importante per i suoi progetti, la sua indifferenza o passività si rivelava agli sguardi più attenti come pura fiducia in Dio e abbandono ai suoi piani.
La riservatezza, altro aspetto della sua persona, la usava nel non parlare di se stesso, delle sue vicende familiari o delle sue iniziative riguardo l’Istituto.
Aveva dato un soprannome benevolo a quasi tutti i parroci del vicariato. Alle suore scriveva che mandava un treno di saluti!
“Un carattere sensibilissimo….”: un dono raro in questi giorni, dove prevale l’immediato, il dire tutto e subito senza filtro, senza attenzione a chi si ha davanti….. Che san Vincenzo ci aiuti ad essere persone capaci di equilibrio che sanno intuire il come, il quando e il dove…