Intervista a suor Federica (3)
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Ti senti già proiettata nella realtà futura, come è naturale che sia. Hai qualche paura o timore che non ti fa togliere il freno a mano?
Credo sa naturale avere qualche timore davanti alle novità. Mi attende un mondo che avrà certamente tanto da darmi, ma che attualmente è lontano, distante (non solo geograficamente) e sconosciuto. Non mi fermo molto a pensare a cosa potrà aspettarmi laggiù, ma metto in conto che all’inizio non sarà semplice «ricominciare da capo» in una realtà straniera. Al corso di formazione per missionari che ho frequentato a Verona ci hanno detto in tutte le salse di tenere ben presente che là dove andremo non saremo padroni ma ospiti, che siamo stranieri e che non siamo a casa nostra… e chi entra in casa d’altri non si mette a dettar legge o a dire cosa è giusto fare o non fare. Ecco, un po’ c’è in me il timore di non riuscire a fare memoria di questa verità, che appare quasi semplice e scontata quando in realtà non lo è per nulla.
Vorrei spendere una parola in più per questo corso a cui ho partecipato al Cum, il Centro Unitario per la cooperazione missionaria tra le Chiese. Cinque settimane «full immersion» nella conoscenza della storia, dell’antropologia, della Chiesa Latino Americana. Al di là dei contenuti, ricchi, utili e necessari, è stata molto bella la comunione e la fraternità che si è creata tra i partecipanti. Condividere un tempo sufficientemente lungo con altre persone che come me sono in procinto di partire per la missione ad Gentes mi ha dato forza e slancio, mi ha aiutato a ridimensionare i miei timori e i miei dubbi, scoprendo che in realtà non sono solo miei, ma ci accomunano, come ci accomunano le attese e la trepidazione davanti a questa «nueva vida» che abbiamo davanti. Un grazie speciale va anche a ciascuno di questi amici, un bellissimo dono che anche stavolta il Signore ha avuto la bontà di farmi.
- Che legame pensi ci sia tra il tuo invio in missione ad gentes e l’anno santo straordinario della misericordia? Nel suo messaggio per la 90ma giornata missionaria mondiale il papa dice che «la missione ad gentes è una grande, immensa opera di misericordia sia spirituale che materiale».
Per rispondere mi rifaccio proprio ad alcune espressioni usate da Francesco nel messaggio per la giornata missionaria. Dice che «accogliendo e seguendo Gesù mediante il Vangelo e i Sacramenti, con l’azione dello Spirito Santo noi possiamo diventare misericordiosi come il nostro Padre celeste, imparando ad amare come Lui ci ama e facendo della nostra vita un dono gratuito, una segno della sua bontà».
Il mio invio in Ecuador sarà per me una grande opportunità per fare sempre più mie queste parole e per fare appunto della mia vita un dono. Come questo si tradurrà concretamente non lo so ancora, ma mi fido di Lui, sapendo che mi precede e non mi farà mancare la Sua luce, la Sua misericordia e il suo amore gratuito, doni che non potrò tenere per me ma che sarò chiamata a condividere, non come un dovere da compiere ma come un’esigenza che nasce dal cuore.
- Mi hai parlato della sensibilità missionaria di san Vincenzo Grossi, il tuo Fondatore. Qual è l’aspetto di lui che ti porti con te come elemento ispiratore e motivante nella tua nuova missione?
Anche su questo blog è stato evidenziata la sensibilità missionaria di Vincenzo. Al di là degli aspetti già messi in luce, sento mia una sua espressione, detta non in stretto riferimento alla missione ad gentes, che è questa: «Datevi a Dio senza calcoli. Non dite mai: può bastare fin qui». Credo esprima bene quello che ho nel cuore, il poter vivere questa nuova avventura come possibilità per “andare oltre”, come diceva anche il papa quest’estate ai giovani a Cracovia. Gesù è il Signore del rischio, non del confort, della sicurezza e della comodità e ci invita a camminare su strade non pensate e nemmeno sognate, seguendo la «pazzia» del nostro Dio che invita a fare della propria vita un dono a Lui e agli altri. San Vincenzo ha vissuto così, senza mai accomodarsi, senza mai abbassare il tiro, senza mai sentirsi un arrivato. Qualcuno guardando a lui potrebbe pensare che a un certo punto avrebbe potuto dire basta, pensare un po’ a sé, riposarsi e godersi un po’ di pace. Invece san Vincenzo va fino in fondo, e conclude la sua vita ancora all’insegna del non rassegnarsi, dicendo a sé stesso e alle sue suore:
«La via è aperta. Bisogna andare».
Grazie Fede, per il tuo Sí, grazie per la tua autenticitá…; per il tuo avere i piedi per terra; .per il tuo sguardo profondo sulla realtá. Grazie per essere FdO! L’Ecuador é una terra meravigliosa, é stata per me la terra santa, il posto dove ho dovuto togliermi i sandali perché mi sono resa conto che era un luogo sacro, dove il Maestro tutto il tempo mi parlava! Che san Vincenzo ti accompagni e ti guidi e soprattutto ti doni un cuore libero dal calcolo e aperto pienamente al dono di se!