Parroco a Vicobellignano (4)
Nonostante le lamentele di alcuni miei parrocchiani, non ebbi mai la debolezza o la tentazione di trascurare la mia comunità. Continuai sempre con lo stesso zelo la cura della formazione cristiana delle famiglie, secondo i metodi del tempo e della Liturgia, sia ordinaria che quella delle grandi feste ed occasioni annuali. Mi prodigai in ogni modo per alleviare le loro povertà: con denaro, con beni in natura, condonando affitti quando sapevo che non erano in grado di pagarli, dividendo i raccolti con una misura in più a favore delle famiglie dei contadini, procurando un lavoro semplice ma onesto, come a quel padre di famiglia carrettiere per il quale comprai un cavallo, anche se non di prima categoria. Illuminato dalla nuova dottrina sociale della Chiesa, così ben esplicitata dal papa Leone XIII, e provocato dai nuovi movimenti sociali che stavano diffondendosi, diedi vita ad iniziative che potessero in qualche modo creare una alternativa all’avanzamento dell’anticlericalismo. Investii tempo, denaro ed energie soprattutto in due aree: l’assistenza alle famiglie e l’istruzione.
Appena arrivato a Vicobellignano avevo notato che quando si ammalava il capofamiglia, tutta la famiglia cadeva nella miseria per mancanza di denaro sia per le cure del malato che per sostenere gli altri membri. Istituii, allora, la Società del Mutuo Soccorso a cui tutti i capifamiglia potevano aderire liberamente dando una quota minima associativa e in caso di malattia ne avrebbero ricevuto in cambio un sostegno significativo. Questa modalità di aiuto trovò accoglienza, perché non si trattava di fare o di ricevere beneficenza, ma di una collaborazione che, attraverso una piccola somma, sosteneva tanti senza togliere nulla a nessuno.
Pensai anche alla istruzione di base dei bambini organizzando una scuola primaria totalmente gratuita per la quale chiesi la collaborazione delle suore di Maria Bambina. Inizialmente voleva essere una alternativa alla scuola gratuita dei protestanti, poi divenne una vera istituzione perché vi fu annessa la scuola materna e una scuola di lavoro per le ragazze.
Sostenni le spese per ristrutturare un salone di fianco alla canonica come oratorio per i ragazzi: qui trovavano lo spazio per uno svago sano e sotto lo sguardo amorevole e prudente di un educatore che poteva essere il coadiutore.
Non misi denaro nel risanare la mia casa, la canonica, anzi ridussi gli spazi per me, mettendo a disposizione del padre della mia perpetua un ambiente e alla madre vedova di un seminarista un appartamentino. Qualche coadiutore si permise di dire che io ero «taccagno»: non ero e non vivevo come quel monsignore di Casalmaggiore del cui lusso il Vescovo si vergognò quando andò a visitarlo. Nella mia canonica gli unici mobili che stavano in piedi da soli erano quelli ereditati da mio fratello don Giuseppe, e mi fecero compagnia ancora per vent’anni. So che dopo la mia morte li hanno conservati con cura come una mia preziosa reliquia, ma devo confessare che li ho usati poco, primo perché seduto a quella scrivania mi sentivo a disagio, e secondo perché, anche anziano, preferivo le panche della Chiesa alle poltroncine dello studio.
Con il passare degli anni, con il crescere delle responsabilità legate alle opere a cui avevo dato vita, non per la mia originalità, ma per ispirazione dello Spirito, sentivo le forze venire meno. Avevo meno voglia di sbrigare la corrispondenza, rispetto a soli dieci anni prima quando in un giorno riuscivo a scrivere anche dieci lettere tra il chiasso dei bambini che giocavano e il cicaleccio delle donne che mi aspettavano per le confessioni.
Viaggiare era diventato per me faticoso, mi assalivano di frequente dolori allo stomaco, pur avendo ridotto al minimo la mia dieta. La mia giornata terrena si avviava al termine. Però dentro di me il fuoco della missione non si era spento né assopito. Volevo concludere la mia vita distribuendolo sia come servizio pastorale, sia come passione per il popolo di Dio, soprattutto le giovani.
Questa doveva essere la mia eredità per la comunità di Vicobellignano, che ho sempre amato e dalla quale sono stato poco corrisposto, per i miei confratelli ai quali ho donato delle «sorelle nello spirito», le suore figlie dell’Oratorio, per la Chiesa nella quale, per chiamata divina, ero divenuto padre nello spirito di una nuova famiglia religiosa.
San Vincenzo un uomo appassionato alla vita della sua gente, con uno sguardo molto atento e acuto sulla realtá, capace di costruire relazioni profonde……quando l’amore di Dio fra breccia nel cuore dell’uomo si trasforma in zelo,urgenza, creativitá, compassione, iniziativa; grazie Signore per la vita di Vincenzo, grazie per farmi parte di questa “famiglia religiosa” che in obbedienza al tuo Spirito egli ha fondato; donami e donaci il coraggio di perseverare, custodire e accrescere il dono del carisma per il bene dei fratelli e al servizio della Chiesa!