Parroco a Vicobellignano (1)
«Ma dove mai si trova Vicobellignano?»- mi chiedeva la gente fermatasi insolitamente sul sagrato della chiesa dopo che ebbi loro comunicato, nel corso della Messa della domenica, il mio prossimo trasferimento.
Quanti erano soliti viaggiare per i loro commerci non si trattennero dal dire che quel paese e altri di quelle zone, erano paesi senza Dio. Per quanto mi riguardava, avevo saputo che in quelle «terre» c’erano stati tentativi, alcuni falliti, altri riusciti, di parroci nominati dalla popolazione. Una terra di frontiera che viveva a modo suo ogni cenno di cambiamento.
Neppure per me Vicobellignano era un nome familiare. La diocesi di Cremona, infatti, si estendeva, allora come oggi, nel territorio milanese, bergamasco, e perfino mantovano: un autentico arcobaleno di usanze, tradizioni, economie, pratica religiosa e anche lingue. Per questo alcuni trasferimenti erano dei veri e propri cambiamenti radicali. Oggi il mondo è diventato un villaggio globale, ma… ai miei tempi, un villaggio era tutto il mondo; si poteva trascorrere una vita intera, e non necessariamente banale, senza avere la possibilità di uscire dal proprio territorio.
Accolsi questo nuovo incarico come se mi avessero chiesto di andare in «missione». Anche se in scala ridotta, c’erano infatti tutti gli elementi che caratterizzano la missione ad gentes.
Vicobellignano era al confine opposto di dove mi trovavo e di dove ero nato e vissuto fino a quel momento, ed era mal collegato a Cremona. Inoltre io non possedevo né cavallo, né calesse, e nemmeno una bicicletta, quindi avrei dovuto rinunciare a visitare la mia famiglia, e, nella necessità, mi sarei dovuto servire dei mezzi pubblici, a dire il vero davvero scarsi e incomodi. Il dialetto locale, la lingua parlata da tutti, era totalmente diverso da quello appreso nella mia famiglia, per cui mi dovevo preparare alla fatica almeno di comprenderlo. La popolazione subiva l’influenza delle correnti politiche e anticlericali che venivano dalla vicina provincia di Mantova, terra se non di infedeli per lo più di non praticanti. Il borgo si snodava lungo la riva del Po, e le acque di questo grande fiume non erano fonte di vita ma di morte per i disastri causati dagli annuali straripamenti. Ma soprattutto era considerata una parrocchia con una consistente presenza di «infedeli» da riportare all’unica fede.
Se la nomina come parroco a Vicobellignano fu una scelta esclusiva del Vescovo perché egli scartò tutti i sacerdoti che vi avevano concorso per venire a cercare un semplice sacerdote di una piccola frazione di Pizzighettone, andare a Vicobellignano fu per me un puro atto di ubbidienza a Dio
«…Dio lo vuole e voi non sapete dove egli vi condurrà!» mi aveva scritto il Vescovo.
Non nego che tra il dolore del distacco dalla mia parrocchia «conventino» e l’incertezza di quello che mi aspettava, si affacciarono alla mia mente anche sentimenti di compiacenza e un po’ di orgoglio. Il Vescovo mi scrisse che era quasi certo che in dieci anni avrei trasformato la comunità cristiana, come a Regona, attribuendolo alle mie doti umane e spirituali.
Ebbi tempo e occasioni per purificare nella fatica e nella solitudine questi sentimenti anche se assecondati solo per qualche istante!