Alle porte di Ottobre, mese missionario!
Il mese di ottobre e il tema che lo caratterizza sono una opportunità per capire e conoscere se e come don Vincenzo si rapportava con la missione ad gentes. Non solo. Potrebbe offrirci anche lo spunto per conoscere lo sviluppo attuale di questo aspetto nell’Istituto da lui fondato al quale, attraverso la paternità secondo lo Spirito, ha trasmesso i suoi «cromosomi».
L’attenzione di don Vincenzo alle missioni ad gentes nasce e si sviluppa nel contesto ecclesiale a lui contemporaneo. Gli esiti della Rivoluzione francese, la propaganda illuministica e razionalistica e le varie soppressioni napoleoniche, insieme alla chiusura della Congregazione di Propaganda Fide per opera dei governi repubblicani, avevano minato pesantemente l’attività missionaria della Chiesa fino agli inizi del secolo XIX.
Contemporaneamente «dal basso» venne un forte interesse per le missioni, che si manifestò principalmente nella nascita di numerose congregazioni religiose missionarie. Si diffuse un clima culturale che esaltava l’opera civilizzatrice della Chiesa, e, grazie alle nuove esplorazioni, l’attenzione e lo sforzo missionario furono rivolti soprattutto all’Africa ed all’Estremo Oriente.
Si diffuse, inoltre, l’idea che tutti i battezzati fossero protagonisti della missione e questo coinvolgimento rese possibile sostenere anche economicamente le opere missionarie che si trovavano in una reale povertà di mezzi.
Questo movimento fu anche provvidenzialmente promosso dal personale convincimento dei pontefici, da Pio VII fino a Pio IX, i quali diedero il loro impulso per rivitalizzare Propaganda Fide.
Don Vincenzo crebbe in questo habitat, e, attento com’era ai movimenti pastorali della Chiesa, fin da quando era parroco a Regona, manifestò un coinvolgimento sia personale sia della parrocchia al tema della Propagazione della fede. Scriveva: «La povertà spirituale e materiale in cui si trovano molte popolazioni è una raccomandazione a prendersi cura di loro». E considerava l’evangelizzazione come la forma per eccellenza di carità, anticipando le parole di papa Francesco, il quale afferma che la missione ad gentes è una immensa opera di misericordia spirituale e corporale.
Dimostrò più volte un interesse particolare per l’Africa e più precisamente per l’Uganda. Non conosciamo la motivazione ma sappiamo che, proprio questa nazione fu raggiunta nel 1879 dai primi missionari cattolici e fu contrassegnata fin dagli inizi da prove nate da conflitti politici interni a cui fecero seguito delle uccisioni di catechisti cattolici, ritenuti traditori.
Dalle testimonianze possiamo avere conferma che per don Vincenzo non si trattò di un entusiasmo transitorio. Pur non potendo realizzare il suo sogno di «pagare con il sacrificio anche della vita la fondazione di nuove comunità cristiane», fu accompagnato fino alla morte dall’interesse per le missioni. Non mise mai il suo sogno nel cassetto, ma cercò le forme possibili a lui per coltivarlo e realizzarlo.
L’attenzione alla missione ad gentes, non si improvvisa; nasce da un cuore che é stato “preso dal Signore”, un cuore che condivide i gusti, i criteri, i sentimenti del Maestro e che non resta indifferente ed é consapevole dell’urgenza di condividere con tutti la Buona Notizia, di poter annunciare quello che Dio ha fatto per me! Che san Vincenzo ci doni la grazia di un cuore “appassionato” al vangelo e alla vita dell’uomo capace di dire come Maria : “Grandi cose ha fatto in me l’onnipotente e il suo nome é Santo!”; un cuore “coraggioso” disponibile all’annuncio fino ai confini della terra!