L’ordinazione sacerdotale
La morte di Mons. Novasconi, mentre ero ancora seminarista, mi addolorò profondamente. Mi sarebbero mancate le sue visite e quel paterno intrattenersi con noi seminaristi con conferenze e colloqui personali. Il Vescovo si interessava del mio progresso negli studi, della disciplina del seminario, della mia famiglia e delle condizioni economiche, ma soprattutto del mio cammino spirituale.
Mi imbarazzavano queste domande perché non amavo parlare di me, però cercavo di superare la ma resistenza, dopo tutto nelle parole del vescovo non coglievo la curiosità o la formalità, ma la preoccupazione di poter conoscere la solidità umana e spirituale dei suoi futuri preti.
Quando il Vescovo si fermava a pranzo con noi, c’era sempre il professore di turno che lo provocava a pronunciarsi sulla «questione romana» e sulle nuove autorità civili. La trasparenza del suo pensiero e la sua prassi emergevano dalle sue risposte, così da non lasciare spazio a fraintendimenti. Da lui ho imparato la fedeltà al Papa al di sopra di ogni cosa e il rispetto dell’autorità civile senza cenno di servilismo. Negli ultimi incontri, quelli che precedettero la sua morte avvenuta il 12 dicembre del 1867, non aveva nascosto il suo sconforto per la poca adesione che aveva avuto il suo progetto di riformare il clero.
Le solenni esequie durarono una settimana. Chi sarebbe stato il suo successore? Mancavano meno di due anni alla mia ordinazione e mi auguravo che al tempo potesse esserci già il nuovo vescovo nonostante le complesse procedure per la nomina.
Venne il tempo della mia ordinazione, fissata il 22 maggio del 1869, e non c’era ancora alcuna avvisaglia del nuovo Vescovo a Cremona. Il Vicario Tosi che reggeva la Diocesi ci comunicò che le ordinazioni sacerdotali sarebbero state conferite dal Vescovo di Brescia, mons. Girolamo Verzieri. Non ricordo nulla di chi mi ordinò, ero molto attento al rito e ai segni di cui ero oggetto. Le parole pronunciate su di me avevano il potere di attuare quello che significavano, per cui volevo essere consapevole, dal primo momento, di quanto la consacrazione avrebbe operato in me, per non frapporre barriere alla grazia di Dio, fosse anche solo per ignoranza e distrazione.
Avevo appena compiuto 24 anni e con le mani che ancora odoravano del sacro crisma, potei salire per la prima volta come presbitero i gradini dell’altare della chiesa di san Bassiano in Pizzighettone. Mi assisteva nella prima messa mio fratello don Giuseppe e, nelle panche, intravvedevo i miei familiari col vestito della festa. Mia mamma mi appariva particolarmente curva non solo per le fatiche di tanti figli e di anni di lavoro, ma anche per il peso spirituale che questo mio essere sacerdote le stava chiedendo di portare. Sentivo di essere in sintonia più con lei che… con il mio stesso fratello sacerdote. Nel suo grembo Dio aveva intessute le mie mani che il Vescovo aveva unto, qualcosa di lei ora apparteneva totalmente a Dio, consacrato a Lui per il popolo. Sapevo di non essere solo davanti a Dio e al popolo.
Bellissimi questi “autoscatti” di San Vincenzo! Ci stimolano a “fare memoria” della nostra storia e soprattutto del “nostro incontro” con il Maestro, per continuare a seguirlo con gioia e nella certezza che chi si mette dietro a Uno che conosce la strada, nonostante gli ostacoli, arriva sicuramente alla meta. In questi giorni ricordiamo tutti i giovani presenti alla GMG: sia un’occasione per incontrare Gesù e lasciarsi affascinare da Lui!
Il giorno del si! Sono gli atti quelli che definiscono la persona… La consacrazione sacerdotale è l’atto che definisce la vita di san Vincenzo! Chiediamo per sua intercessione la grazia della consapevolezza delle nostre scelte e della memoria del cuore per ritornare tutte le volte che c’è bisogno al Si che ha segnato la nostra vita!