Sopportare con pazienza i «difetti» del prossimo
La pazienza non risolve i conflitti, né colma le lacune dei limiti altrui. È la capacità di non agire compulsivamente, cioè di reagire con misericordia, magnanimità e dolcezza al fastidio che ci procurano gli altri per conservare l‘unità e la pace.
La pazienza di don Vincenzo fu messa alla prova da persone che, o volutamente o superficialmente, gli crearono fastidi, ma anche dai ragazzi e dai giovani che involontariamente irrompevano nella ordinarietà della vita della canonica sconvolgendone i ritmi e il clima. Sono loro stessi che raccontano del chiasso prodotto dalla loro irrequietezza, dal modo maldestro con cui si muovevano in spazi stretti e poco adatti a loro, dei richiami alla calma del parroco e dei rimproveri della perpetua. Ricordano con benevolenza la sua accondiscendenza, anche quando non riusciva a nascondere la sua emicrania. In quelle situazioni non li sopportava, ma li cercava.
Molto diverso fu invece il comportamento di un certo Paternieri, un anziano stravagante, vizioso ed esaltato che cercava ogni occasione pubblica per contraddire e mettere in ridicolo senza alcuna ragione la persona e l’opera di don Vincenzo. Raccontano che disturbò il trattenimento teatrale nel salone della parrocchia, ma don Vincenzo non si mostrò mai irritato, né in quella circostanze, né in seguito. Lo stesso personaggio, infatti, cercò di intromettersi più volte nella omelia di don Vincenzo, apostrofandolo grossolanamente, ma il parroco continuava il suo sermone come se nulla fosse. Don Vincenzo era consapevole che lo scontro per riportarlo a ragionevolezza avrebbe irritato maggiormente il suo improvvisato e provocatorio interlocutore.
Ebbe un coadiutore che anziché collaborare con lui sembrava che cercasse volutamente il conflitto e, sulla base di alcuni dissensi, fece un rapporto a Mons. Bonomelli in cui presentava il parroco don Vincenzo come ostile alla autorità del Vescovo per le sue idee strettamente papaline. Don Vincenzo che fu informato di queste mosse, non volle prendersi alcuna rivalsa, ma collaborò con lui con pazienza e carità eccezionali per tutto il tempo della sua permanenza in parrocchia.
La donna di servizio che ebbe a Vicobellignano è ricordata dai testimoni come negligente e brontolona, trascurata nel preparare i pasti, poco attenta ai problemi di salute del suo parroco e ad eventuali ritardi a causa del ministero, insofferente delle presenze chiassose dei visitatori di don Vincenzo, i ragazzi.
Don Vincenzo, quando si trattava della sua persona, cercò di non esigere da lei quello che sapeva che non era in grado di fare, ma se c’era qualche ospite le chiedeva di pulire bene la casa e di preparare un pranzo migliore e sapeva che gli avrebbe obbedito.
«Sopportare», recita la formula classica di questa opera di misericordia, ma la sopportazione da sola è povera e può essere anche un comportamento stupido. San Paolo alle sue comunità scriveva: «Portate pazientemente gli uni i pesi degli altri per amore». È il «per amore» che dà significato cristiano alla sopportazione, che la rende pienamente accettabile e la trasforma in «opera di misericordia».
L’arte della pazienza non si improvvisa, si puó ottenere allenandoci. Un allenamento quotidiano, fatto nei gesti piccoli di tutti i giorni! Un cuore capace di amare é paziente, sa aspettare “dolcemente”, senza pretese e senza fretta. San Vincenzo donaci la grazia di farci carico della vita dell’altro nella dolcezza.