Correggere chi sbaglia (2)
Nel ministero parrocchiale don Vincenzo si trovò di fronte anche a situazioni concrete di male, a persone che stavano compiendo o vivendo nel peccato e nei confronti delle quali il suo intervento si faceva diretto, personale.
Questo avvenne sicuramente con i giovani a motivo della loro fragilità, ma anche perché la confidenzialità e la familiarità che aveva stabilito con loro gli consentivano di correggerli in modo immediato, al punto che a volte potevano sfuggirgli scatti d’ira. Come il contadino pota la vite non per limitarne la vitalità, ma piuttosto per aiutarla ad essere forte e a produrre di più e meglio, allo stesso modo don Vincenzo considerava il suo intervento presso i suoi giovani: doloroso ma necessario.
Tra le tante testimonianze ne riportiamo di seguito alcune che ci descrivono lo stile pastorale di don Vincenzo di fronte a chi si trovava nell’errore. Non lo minimizzava, né lo giustificava, semplicemente lo chiamava con il suo nome e offriva alla persona coinvolta la possibilità di ricominciare un cammino nuovo. Se gli episodi riportati siano stati uno o diversi non sappiamo, anche se le circostanze e i particolari sembrano diversificarli, ma la conclusione che riporta le parole di don Vincenzo è sempre la medesima: «Non dirò niente a nessuno», in altre parole: io non vi denuncerò, perché desidero che cambiate vita.
Sono piccoli aneddoti che confermano la sua volontà a condannare il peccato e a salvare il peccatore.
- Un ladro nel tentativo di scavalcare la recinzione dell’orto della canonica per rubare ortaggi e frutta fu scoperto. Don Vincenzo lo chiamò e lo fece uscire dal cancello, per evitargli il rischio di rompersi le gambe, ma non senza redarguirlo, anche se con benevolenza, e ricordandogli che rubare è male.
- Un episodio simile, ma forse più drammatico, si riferisce al tempo in cui a Regona era molto forte l’odio anticlericale contro l’opera pastorale efficace di don Vincenzo. Di notte tre individui, tra cui lo stesso sagrestano, tentarono di entrare in canonica, scavalcando la muraglia di cinta e arrampicandosi fino alla finestra della camera da letto del parroco. Svegliato dal rumore di un sasso lanciato sul davanzale, don Vincenzo si affacciò e apostrofò i tre dicendo che meritavano di essere freddati. Questi, vistisi scoperti e riconosciuti, si diedero alla fuga senza reazione. Mentre si allontanavano don Vincenzo intimò loro di cambiare strada… e aggiunse che lui non avrebbe detto nulla a nessuno. E così fu.
- A Regona viveva una vedova che don Vincenzo aiutava, ella però iniziò a dare scandalo con le sue frequentazioni. Un giorno incontrando pubblicamente don Vincenzo lo salutò, ma il sacerdote con uno sguardo ancora più severo delle sue parole, le disse che non avrebbe più accolto il suo saluto finché non fosse tornata a vivere da buona cristiana.
- Riprese con forza impressionante una religiosa che come intercalare pronunciava facilmente il nome di Maria e, come scandalizzato, le impose di non pronunciare mai più il nome della Madonna in modo irrispettoso.
Sentiva grande odio al peccato e lo trasmetteva anche alle sue religiose con parole accese ricordando loro che la consacrazione non le rendeva immuni dal cadere nella colpa anche grave, perché, anzi, affermava con un linguaggio metaforico che il pavimento dell’inferno è formato anche da religiose.
La sua peculiarità nel correggere i peccatori può essere riassunta in questa testimonianza: «Nei suoi interventi per ammonire erano presenti energia ma anche una grande paternità. La sua correzione non inaspriva gli animi ma li lasciava sereni e ben disposti a correggere i propri difetti».