Attende tibi! Quid prodest?

Facciata Vicobelignano

 

Com’era solito fare, anche quel pomeriggio di domenica di fine ottobre, Don Vincenzo si avviò verso la chiesa. Dentro di sé coltivava la fiducia che sarebbero convenuti  alla Dottrina più fedeli del solito, perché essendo conclusa la stagione del raccolto, non erano  trattenuti dai lavori della campagna.

Li aspettò sul sagrato della chiesa, sotto la tettoia d’ingresso per ripararsi dalla pioggia e per salutarli, chiedere notizie sugli affari, sui malati e, quando la campana scoccò l’ora, entrò con gli ultimi appena arrivati. Qualcuno si sarebbe aggiunto  in seguito perché sapeva che i vicini aspettavano il tocco dell’orologio della torre per uscire di casa.

DSC_0218 (800x610)Iniziò con una preghiera e calcò la voce su «un’anima solo si ha, se si perde che sarà?» Quel pomeriggio avrebbe proprio parlato della salvezza dell’anima. Non era un argomento nuovo, ma don Vincenzo lo considerava fondamentale e così, ogni tanto, lo riprendeva e lo approfondiva. Mentre spiegava, il suo sguardo non si staccava dai suoi fedeli, ma non si lasciava distrarre da qualche vecchietta che, avvolta nel suo scialle, ciondolava in avanti, né dalle ragazze che ogni tanto allungavano gli occhi dalla parte degli uomini.

Si soffermò alquanto sul fatto che occuparsi della propria salvezza fosse un obbligo urgente, continuo, difficile, singolare, personale e indispensabile e riassunse  questo discorso in una espressione che era sicuro che i suoi ascoltatori avrebbero ricordato: «Attende tibi!».

Nel concludere  volle, come sua abitudine, fare  riferimento alla vita ed esperienza concrete dei suoi ascoltatori chiedendo loro: «Quante ore in tutta la vostra vita dedicate alle opere per conseguire la salvezza eterna?».

Non poteva, certamente, rimproverare i presenti, perché la loro presenza esprimeva senza dubbio che in qualche modo stavano prendendosi cura della loro anima. Volle ugualmente illuminarli, qualora fossero venuti meno a questo impegno, e perché potessero convincere quanti non se ne occupavano e preoccupavano.

E aggiunse: «Non è strano vedere che ciascuna età della vita vuol trovare dei pretesti per non darsi alcuna premura per salvarsi. I giovani, dicono, a riguardo della salvezza, che non è ancora venuto il tempo di pensarci. Le persone adulte dicono che non hanno una briciola di tempo per pensarci. I vecchi, infine, che non è più tempo di pensarci».

E concluse usando un’altra espressione latina: «Quid prodest? A che vi varrebbe un giorno tutto quello che fate o avete fatto, se poi vi succedesse di perdere la vostra anima?».

Don Vincenzo quindi entrò in sagrestia per indossare i paramenti per il canto dei Vespri e la benedizione eucaristica. Al suono dell’organo, che riempiva la chiesa e al fumo dell’incenso che i chierichetti si impegnavano a diffondere, unì la sua intensa preghiera di intercessione per tutti i suoi fedeli, per la loro salvezza eterna.

Rispondi