Le tentazioni di… don Vincenzo (1)
«Il demonio meridiano»
Don Vincenzo è stato tentato? Sarebbe ingenuo pensare che ne sia stato esente, perché uomo e perché discepolo di un Maestro preso di mira dalle arti seduttive del Tentatore.
Cercare le tentazioni che don Vincenzo ha avuto, non è mettere allo scoperto qualche punto debole nella solidità della sua figura di prete, ma è soprattutto scoprire come le ha superate e vinte, perché anche in questo aspetto possa essere per noi un riferimento.
Una prima tentazione che visse don Vincenzo fu quella della solitudine o degli ozi della canonica, come li chiamava.
Nell’isolamento, infatti, si possono facilmente smarrire le proporzioni delle cose, può ridursi la percezione del rilievo pastorale delle proprie scelte, l’intimismo esasperato è dietro l’angolo, si assottiglia la consapevolezza dello spessore etico dei comportamenti.
La solitudine diventa per il Tentatore il terreno perfetto, non necessariamente per tentare il prete perché lasci il ministero, ma «per togliere la Parola di Dio dal suo cuore e così ammaestri il popolo del Signore con parole di uomini, lasciandolo nel suo errore e nell’ignoranza circa Dio. Un prete in balia del tentatore apre la sua casa agli amici amanti dei divertimenti e della buona tavola. Lascia che i libri sugli scaffali si coprano di polvere. In cambio di dedicarsi allo studio, occupa il tempo dormendo. Alla corona del rosario e al breviario preferisce quattro chiacchiere cogli amici, abbandona per giorni e giorni la scrivania per la tavola imbandita, privilegia un tressette col litro vicino a scapito del confessionale e dell’adorazione». È don Vincenzo che traccia questo identikit del prete buontempone, come lo definisce, in balia del «demonio meridiano».
La solitudine ha anche un altro volto: è occasione opportuna per il riposo, per la riflessione pacata, per l’introspezione. È la condizione propizia per prendere le distanze dalle cose, per concentrare le forze, per raccogliersi in preghiera. Suscita la nostalgia e il desiderio di poter accogliere le persone, stare con loro e grazie a loro trasformare la canonica in casa parrocchiale.
Don Vincenzo ha riempito le giornate con lo studio e l’aggiornamento, con la preparazione minuziosa della predicazione. Ha trascorso le sere tenendo conferenze, ripetizioni e recuperi scolastici, intrattenendosi con i giovani. A tavola restava poco tempo a motivo di pasti parchi ed essenziali. Era solito visitare le famiglie che avevano dei malati, e andava frequentemente a predicare e a confessare nelle parrocchie vicine. Dedicava le prime ore del giorno alla preghiera personale prolungata e quando aveva ritagli di tempo, coglieva l’occasione o per occuparsi di lavori manuali per la casa o per fare visite al S.S. Sacramento.
Questa impostazione della sua vita quotidiana non fu il frutto di un proposito di gioventù, ma di ogni giorno, da giovane e da anziano, da sano e da malato, perché come affermano i testimoni «non fu mai notato in lui un rallentamento, ma fu un crescendo continuo, non venendo mai meno ai suoi doveri sacerdotali».
San Vincnezo ci doni la grazia di poter transformare la tentazione in occasione, in opportunitá inedita per poter crescere nell’amore e nella dedizione verso il Regno!